SI PREPARA LA PRIMA GUERRA MONDIALE 1

L'AMBIENTE SOCIO – POLITICO – ECONOMICO IN CUI SI PREPARA LA PRIMA GUERRA MONDIALE

    

PARTE PRIMA: considerazioni  generali

 

Le testimonianze

1

 

FRIULANO

"Qualchi dì daur flirta me fresse Margherie in tun lùc, la che né propriamenti scomensade le vere cuintre l’Austria – Ungérie, par laser il Fiuli Oriental e la Venezia Giulia – Istria.

Sin partis in marchine viars al Monte San Michel, che si ciste zeture corsiche di sora, il pais di Fogliano Redipuglia, in provencia di Gurize. DI lassù i è scomensade le nese, cum la prima bataie centre l’ Austria. Pon dopo son stadis atris ses bataies dilung la valade dall’usinz; ma il centric strategich l’è sempre stat il Monte San Michele, parcè al iese il punt più alte di ante le alture corsiche e di lassù si dominave dute le pianure setante.

Tragiicamente famosi su chest Monte son stalis li strinceis de Francis rifugius scavos ine roces o cavernis poturalis, mentaradis cui ramaz, indulà che is militars talians si protegeria dai bombolonies, oppur ce potsuvita prin di ieri mandais sul ponte, in prime linee, a combatti".

 
ITALIANO

"Qualche giorno fa sono stato con mia nipote Margherita in un luogo, dove veramente è iniziata la guerra contro l’ Austria – Ungheria per conquistare il Friuli Orientale, la Venezia Giulia e l’ Istria. Siamo partiti in macchina diretti al Monte San Michele, che si trova sulle alture carsiche sopra il paese di Fogliano Redipuglia, in provincia di Gorizia. Di lassù è iniziata la guerra, con la prima battaglia contro l’Austria. Dopo ci sono state altre sei battaglie lungo la vallata dell’ Isonzo; ma il centro strategico è sempre stato il Monte San Michele, perché era il punto più elevato di tutte le alture carsiche e anche perché di lassù si controllava tutta la pianura sottostante.

Tragicamente famose in questo monte sono state molte le trincee dette “delle Frasche”, rifugi scavati nella viva roccia o caverne naturali, dove i militari italiani si riparavano dal bombardamento o, anche, restavano in attesa di essere comandati a raggiungere le prime linee al fronte della guerra".

 


2

"Anche tuo nonno un giorno partì per andare lontano lontano a combattere per la Patria" – raccontava la nonna – "Partì assieme ad altri soldati con la tradotta … un viaggio lunghissimo…

 

 
Dovevano combattere in  mezzo alle montagne, nelle trincee e in gallerie scavate nella roccia  .
 

 … stavano in mezzo al fango e alla sporcizia, c'erano insetti e avevano freddo, sonno e fame … spesso non riuscivano a parlare con gli altri soldati, perchè quasi tutti usavano il loro dialetto e i dialetti sono tutti diversi! … quanti ne morivano!!! … Ma lui non si spaventava … gli Italiani erano forti … dovevano difendere la Patria e cacciare i nemici … alla fine abbiamo vinto!!!"

" … Ogni tanto tornava a casa… : allora, prima di entrare, si fermava sul terrazzino. Si toglieva la mantella … sporca e piena di insetti!. La lasciava in un angolo e vi poneva accanto calze e scarponi … Da quell'angolo il suo sorriso stanco era il primo assaggio del forte abbraccio silenzioso con cui ci avrebbe stretto a sè.

Una volta, da quelle montagne mi portò un piccolo fiore con i petali bianchi e vellutati … cresce solo su quelle montagne … lassù … ; per questo si chiama Stella Alpina".

                Quella fu una guerra lunga e terribile, combattuta soprattutto fuori dall'Italia e, tappa dopo tappa, coinvolse anche genti non europee, a catena, come in un domino.

I giovani si staccavano dalla vita, uno dopo l'altro, come le foglie, una dopo l'altra, si staccano dagli alberi in autunno, per cadere a terra – disse nella poesia "Soldati"  Giuseppe Ungaretti, che pure era partito volontario:

 

"Si sta come

d'autunno

sugli alberi

le foglie"

 

Nasceva nei soldati il desiderio di ritrovare l'umanità sopraffatta e dimenticata fra le atrocità di scontri micidiali e di ordini irrazionali. Rispuntava sulle loro labbra la parola "Fratelli". Essa era come la nuova fogliolina che appare sul ramo secco dopo l'aridità e la durezza dell'inverno. Una fogliolina appena nata, una nuova vita fragile, delicata e insicura in un mondo dolorante e ostile:

 

"Di che reggimento siete

fratelli?

Parola tremante

nella notte

 

Foglia appena nata

 

Nell'aria spasimante

involontaria rivolta

dell'uomo presente alla sua

fragilità

 

Fratelli"

 

Molte di quelle giovani esistenze, vicine a morire, impararono ad amare la vita.

Ancora Ungaretti in  "Veglia" descrive la ribellione del suo spirito accanto alla triste realtà del compagno morto, il cui corpo scomposto, gonfio e violaceo è illuminato dalla luce della luna piena:

"Un'intera nottata

buttato vicino

a un compagno

massacrato

con la sua bocca

digrignata

volta al plenilunio

con la congestione

delle sue mani

penetrata

nel mio silenzio

ho scritto

lettere piene d'amore

 

Non sono mai stato

tanto

attaccato alla vita"

 

L'ambiente

Lingue, storie, speranze, idee, consapevolezze diverse … tutti a combattere la stessa guerra, con le stesse sofferenze … e con la stessa morte …

 

           Ma perchè quella guerra? Quella Grande Guerra?

 

Due colpi di pistola: quelli che uccisero l'erede al trono d'Austria, l'arciduca Francesco Ferdinando, e sua moglie Sofia …

Dieci milioni di morti: quelli causati da quei due colpi di pistola.

L'attentato degli indipendentisti serbi fu grave; i due colpi letali, esplosi da Gavrilo Princip il 28 Giugno del 1914 a Sarajevo, in Bosnia, costituirono un fatto gravissimo. Eppure, poteva quell'attentato, da solo, per quanto grave, causare l'ingresso in guerra di tanti Stati, l'accanimento di tante decisioni, la morte di così tanti milioni di giovani, le menomazioni fisiche e mentali di moltissimi dei sopravvissuti? Per non parlare delle conseguenze sociali, economiche e politiche che ne seguirono, specie in Europa?

Non fu certo un caso isolato quell'attentato! Anzi, si può inserire in una serie nutrita di attentati di matrice anarchica, che hanno caratterizzato quel periodo storico, uccidendo governanti e sovrani, come quello contro Umberto I, ucciso a Monza da Gaetano Bresci nel 1900.

Non era davvero sicuro essere capi di Stato in quel momento!

              Alla fine della guerra, nell'art. 231del Trattato di Versailles (1919), le potenze vincitrici accusano la Germania e l'Austria – Ungheria di aver causato la guerra.

ART. 231 (Clausola di colpevolezza):

 – I Governi Alleati e Associati dichiarano e la Germania riconosce, che la Germania e i suoi alleati sono responsabili, per esserne la causa, di tutte le perdite e di tutti i danni subiti dai Governi Alleati e Associati e dai loro cittadini in conseguenza della guerra che è stata loro imposta dall'aggressione della Germania e dei suoi alleati.

 

Questa l'accusa.

Però, considerando bene la seconda metà dell'Ottocento e il primo Novecento nelle loro trasformazioni storiche, politiche, sociali ed economiche e considerando con altrettanta attenzione la complessità delle scelte politiche ed economiche, le ideologie e i nodi critici delle relazioni internazionali di tutto quell'arco temporale e, soprattutto, dei due decenni a cavallo fra l'Ottocento e il Novecento, si potranno scorgere facilmente altri gravi motivi di tensione. Vi erano, infatti, realtà che rendevano sempre più precario l'equilibrio fra gli Stati e sempre più difficoltose le iniziative di distensione, come quella della Conferenza per la pace, svoltasi a L'Aia nel 1907. Anzi, a ben guardare, anche la Conferenza di Berlino, voluta da Bismarck nel 1884/85, aveva avuto come scopo ultimo quello di evitare che, nella corsa alle conquiste coloniali, gli Europei trovassero un'occasione per scatenare delle nuove guerre in Europa.

Il 1907, d'altronde, sancisce la divisione dell'Europa in due blocchi contrapposti, sempre più rigidi. Quella spaccatura, cioè, creatasi dopo la guerra Franco – Prussiana, quando i nazionalisti francesi coniarono la parola Révanche contro il nazionalismo tedesco e per la riconquista dell'Alsazia e della Lorena, passate in mano alla Prussia vincitrice.

Da quel momento da una parte ci sarà la Germania con i suoi alleati, dall'altra la Francia con i suoi alleati.

L'equilibrio multipolare deciso dal Congresso di Vienna non è più possibile. Del resto, già dalla fine della guerra Austro – Prussiana del 1866, l'Austria, sconfitta dalla Germania, aveva rivolto i suoi interessi verso i Balcani; vale a dire verso una zona di grande instabilità, per le tendenze indipendentiste all'interno di un Impero turco sempre più debole e in via di disgregazione.

Intanto, la reciproca paura e i reciproci sospetti spingevano i vari Paesi ad aumentare gli armamenti: la pace si andava trasformando in pace armata e i generali acquistavano crescente autonomia e potere decisionale.

Il casus belli, cioè l'attentato di Sarajevo, fece esplodere quelle tensioni, governate a stento dalla politica delle alleanze che aveva garantito la pace per molti decenni.

Quella stessa pace che nel primo Novecento aveva permesso nuovi studi e nuove scoperte, usufruendo contemporaneamente delle innovazioni tecnologiche e delle invenzioni, prodotte, sull'onda della Rivoluzione industriale, dalla seconda metà dell'Ottocento in avanti. Essa aveva regalato un periodo di benessere materiale e culturale sempre più diffuso, pur se distribuito in modo diseguale fra gli strati sociali.

Aumenta, infatti, il numero delle automobili in circolazione; mentre si producono autocarri, omnibus, tram, furgoni, carri per pompieri e si realizza l'antico sogno dell'uomo: volare.

Cresce il numero delle fabbriche di liquore e cioccolato, di concerie e calzaturifici, nascono i primi stabilimenti di maglieria e biancheria.

Si diffondono i Grandi Magazzini e la pubblicità per la vendita di massa.

Nelle case borghesi entrano acqua corrente, servizi igienici, termosifoni a carbone, gas.

Le Autorità competenti cominciano a pensare a scuole, biblioteche, musei, ospedali, ospizi, asili d'infanzia e edilizia popolare.

LIBERTY 5494Trionfa un nuovo stile architettonico: l' "Art Nouveau", che in Italia prende il nome di Liberty.

 

L'elettricità trova nuove applicazioni e viene trasmessa a distanza. Vengono inventati nuovi elettrodomestici, come frigorifero e lavatrice, e un numero sempre più elevato di persone utilizza il telefono e la radio (quest'ultima arriverà in l'Italia nel 1924). Inoltre, una serie di farmaci moderni è a disposizione dei malati, contribuendo a ridurne la mortalità.

Aumentano le occasioni di divertimento e quelle culturali:

Vienna e Parigi sono le capitali della vita mondana.

Nella prima, l'aristocrazia di tutta Europa si raduna alla corte dell'Imperatore Francesco Giuseppe per grandi feste che si svolgono al suono del valzer e della polka, e la vita intellettuale, non meno intensa che a Parigi, attira scrittori, pensatori, filosofi.

CAN CANParigi attrae anche per l'attività dei pittori e delle gallerie d'arte; famosi e molto frequentati sono inoltre ristoranti, come Maxim's, e locali notturni, come il Moulin Rouge.

Si accentua la passione per il melodramma grazie alle opere di Giacomo Puccini (Bohème, Tosca, Madama Butterfly, Tourandot) e grande successo riscuote l'operetta: Vienna ne è la capitale e viennesi sono i suoi maggiori musicisti.

I ricchi spendono fortune nei casinò, in Francia (in Italia il primo compare nel 1905, autorizzato da Giolitti a Sanremo); dall'Inghilterra arriva il bridge.

E' più facile spostarsi anche grazie alla ferrovia che può contare su una linea qORIENT EXPRESSuadruplicata rispetto a quella del 1870 e su un treno lussuosissimo, l'Orient Express che, passando per Vienna, unisce Instanbul a Parigi. Soprannominato "re dei treni" e "treno dei re" per la sontuosità dei suoi arredi e inaugurato nel 1883, era stato pensato e realizzato da un banchiere di origine belga, Georges Nagelmackers, ed era frequentato soprattutto da nobili orientali, spesso decaduti.

I ceti benestanti cominciano a praticare sport: nuoto d'estate, durante le vacanze al mare, per esempio, e sci d'inverno. Si afferma altresì il meno costoso football e nascono squadre come la Juventus (1897) e il Torino (1906).

I primi anni del Novecento rappresentano un momento storico molto importante anche in campo sociale e culturale, proseguendo sulla strada delineatasi soprattutto nel secolo precedente:

 – Nel 1903 le donne, guidate da E. Pankhurst, danno vita in Inghilterra alle loro prime manifestazioni, per ottenere il diritto di suffragio (da qui il nome di suffragette). La Gran Bretagna lo concederà loro nel 1918.

Esse possono ormai accedere agli studi superiori e al mondo del lavoro professionale.

I loro vestiti si sveltiscono: viene abbandonata la crinolina che lascia posto a gonne morbide, strette al fondo, per poter salire agevolmente sulle automobilli e per praticare lo sci senza problemi.

 – Gli operai cominciano a ricevere forme di assicurazione contro gli infortuni, di previdenza per la vecchiaia e, in qualche caso, sussidi per i disoccupati.

 – Si va prestando più attenzione alla sicurezza e all'igiene nelle fabbriche, all'età dei minori che lavorano, nonchè alle stesse ore lavorative che, però, mediamente non scendono mai sotto le dieci giornaliere.

Gli studi spaziano in tutti i campi; così, fra scienze, medicina e chimica

– nel 1903 Marie e Pierre Curie ricevono il premio Nobel per aver scoperto il radio

– e fa la sua comparsa una nuova FREUDdisciplina: la psicanalisi, fondata dal medico viennese Sigmund Freud.

 

In Italia già dalla fine dell'Ottocento ottengono sempre più spazio le forze progressiste, la quali, assieme alle nuove banche, facilitano l'afflusso del risparmio privato verso gli investimenti industriali.

Dal 1903 sulla scena politica si afferma la figura del piemontese Giolitti, che nel 1912 concede il suffragio universale maschile.

L'età giolittiana vede la nascita e lo sviluppo di nuove industrie, soprattutto nei settori più moderni: siderurgia, tessile, alimentare, chimico, meccanico. Esse si concentrano nel cosiddetto triangolo industriale compreso fra Torino, Milano, Genova.

TALMONEContinuano tuttavia a vivere anche industrie minori, come le dolciarie e le conserviere.

 

L'affermazione dei grandi complessi industriali, sostenuta dagli istituti bancari, è favorita dalla costruzione di bacini idrici e centrali idroelettriche.

Aumentano i salari, diminuiscono malattie e mortalità, si diffondono giornali e libri.

Anche la vita artistica è in fermento, e non solo nei teatri: a Torino nasce il cinema. La vera nascita della prima industria cinematografica subalpina può farsi risalire all'incontro fra Omegna e Arturo Ambrosio nel 1904, quando furono realizzati i primi due documentari:

Prima corsa automobilistica Susa-Moncenisio e Manovre degli alpini al Colle della Ranzola.

La frequentazione delle sale cinematografiche, tuttavia, generò perplessità riguardo alla morale, perciò Giolitti inviò una circolare ai prefetti perchè se ne occupassero. Anche papa Pio X si preoccupò e, nel 1909, proibì al clero di entrare nei cinematografi. La stampa non fu da meno: "Il Giornale d'Italia" e "Il Giornale di Sicilia", ad esempio, organizzarono una vera e propria campagna contro l'immoralità del cinematografo.

In mezzo ad un forte inurbamento e a trasformazioni residenziali e urbanistiche, i capitalisti e i politici liberali organizzano anche in Italia Esposizioni, come avviene in tutti gli Stati teconologicamente e economicamente avanzati dell'Occidente.

GUIDA ESPOSIZIONE

Da ricordare L'Esposizione Internazionale delle Industrie e del Lavoro che si apre a Torino il 29 Aprile 1911. Nel Cinquantenario dell'Unità d'Italia, si vuole dare un'idea del progresso raggiunto nell'industria e nel lavoro non tanto da questa o quella nazione isolatamente, ma da tutte le nazioni riunite.

Atteggiamenti mentali, espressioni culturali, problemi e obiettivi economici sono davvero molto articolati in questo primo scorcio del Novecento.

Nel campo del lavoro, l'industria bellica sta compiendo passi da gigante, applicando le tecnologie più avanzate nella costruzione di mezzi e armi, la cui tipologia sarà incrementata nel corso di una guerra devastante, di cui ancora pochi si rendono conto.

Gli Stati più potenti, per combatterla, avranno a disposizione tutti i ritrovati tecnologici dell'epoca: obici, mitragliatrici, cannoni a tiro rapido di 75 mm, lanciafiamme, proiettili dumdum, corazzate armate di cannoni di grosso calibro, sommergibili, incrociatori da battaglia e leggeri, gas, aerei e una marina sempre più organizzata e potente.

Sfruttando le recenti teorie della psicologia, anche la paura e il coraggio, diventeranno armi psicologiche da utilizzare in campo militare.

A tutto ciò si unisce la propaganda.

Persino gli atteggiamenti e i temi letterari e artistici risentono dell'entusiasmo per le più recenti conquiste della tecnica, fiduciosi che il nuovo secolo segni l'inizio di un'epoca di felicità e affermazioni militari.

Filippo Tommaso Marinetti nel primo "Manifesto del Futurismo", pubblicato su "Le Figaro", il 22 Febbraio 1909, esprime tutta la sua fiducia nel progresso tecnologico. Nel Manifesto viene esaltata non solo la velocità, il dinamismo, la macchina e l'industria, ma anche la guerra, "igiene del mondo".

I Futuristi con le loro idee e con le loro composizioni artistiche entreranno a far parte sia del mondo letterario (come Marinetti, Palazzeschi e Govoni) che di quello pittorico (come Boccioni, Carrà e Balla che firmeranno il Manifesto tecnico della Pittura Futurista, nel 1910).

Dal primo Manifesto del Futurismo

1. Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.

2. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.

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7. Non v'è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo.

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9. Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.

10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria.

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In questi anni di pace, progresso e bellezza (Belle Epoque), l'Europa, tuttavia, si sta avvicinando alla guerra a grandi passi, ma non tutti ne sono coscienti.

 

    In Italia i Futuristi non sono i soli ad esaltare la guerra; vi sono, infatti, vari gruppi politici che per varie motivazioni, si dichiarano favorevoli ad un intervento dell'Italia a fianco dell'Intesa (Interventisti). Tra essi il partito nazionalista, i liberali di destra con a capo Antonio Salandra, i liberaldemocratici di Giovanni Amendola, i radicali, i repubblicani, i socialriformisti di Leonida Bissolati, i sindacalisti rivoluzionari, facenti capo a Alceste de Ambris e a Filippo Corridoni e pochi massimalisti socialisti, al seguito di Mussolini.

Un ruolo importante nel formare menti favorevoli alla guerra fu assunto da giornali, riviste, intellettuali e poeti, come D'Annunzio.

In questa realtà la voce dei neutralisti, seppur presente, diventa via via più debole.

Per altro, e non solo in Italia, dietro quella tranquillità e quel benessere, permanevano realtà problematiche di disoccupazione, di sfruttamento del lavoro minorile e femminile, di giornate lavorative ancora troppo lunghe e di una LIBRO EMIGRANTE fortissima emigrazione, soprattutto italiana, che raggiungerà l'acme nel 1913.

Tutte le situazioni di cui sopra, sommate alle tensioni politiche fra gli Stati più potenti, all'instabilità delle alleanze, a guerre come quella di Libia e quelle Balcaniche, sommate anche alle tensioni etniche diffuse nell'Impero austro – ungarico e all'Imperialismo più esasperato, formavano una miscela esplosiva, pronta ad incendiarsi, appena si fossero presentate realtà causali.

Le problematiche di cui sopra, probabilmente, senza una scintilla non si sarebbero incendiate; la scintilla (leggasi attentato di Sarajevo) senza quel contesto, probabilmente, non avrebbe causato un'esplosione così devastante.

Fu l'interrelazione fra le due realtà che produsse il primo grande sconvolgente conflitto mondiale.

 

Nei prossimi articoli Mantano cercherà di presentare a grandi linee alcuni dei fatti e dei fenomeni storici che hanno originato gli aspetti positivi e quelli problematici e destabilizzanti del primo quindicennio del Novecento.

 

                                                   © Antonina Orlando 12 Luglio 2016

 

L'AMBIENTE SOCIO – POLITICO – ECONOMICO IN CUI SI PREPARA LA PRIMA GUERRA MONDIALE

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