FIORI, GIOCHI, STRANE VERITA’

DAL PASSATO AL FUTURO Racconto n.2

 

Una cascata profumata di eleganti grappoli fioriti, di foglie e di verdi tralci  rendeva fresca e piacevole parte dell’assolato cortile di una grande villa . Sul delicato violazzurro  del maestoso glicine spiccavano qua e là le macchie rosa antico dei grossi fiori di un geranio rampicante, adagiati sul verde intenso delle loro foglie carnose e pendenti dalle fioriere sovrastanti.

GLICINE CON GERANIO

 

        Lì, nell’immobile silenzio del caldo pomeriggio estivo, si rincorrevano voci argentine, risuonando ora allegre ora concitate: erano bimbi che, insieme, a squadre o a gruppetti, si sfidavano nella corsa, si nascondevano, facevano correre o rimbalzare  la palla, gareggiavano con le biciclette.                                                 

palma 1

Lo spazio a loro disposizione era tanto, anche se, da un lato del cortile, accanto al muro dei magazzini, si trovava una bella palma alta, più in là un gelso e, sul lato opposto, di fronte alla palma, un pozzo, chiuso da un pesante coperchio, faceva da base a piante di ogni tipo, tutte fiorite.

Pozzo fiorito

In posizione centrale si trovava un’aiuola con una stupenda rosa bianca. I piccoli se ne servivano in vario modo: poteva avere la funzione di rotonda, poteva fungere da punto di partenza o da  traguardo per le corse in bici o a piedi. Il suo bordo rialzato diventava di tanto in tanto divanetto per le bambine che imitavano le signore in salotto, o panchina per le signorine che si raccontavano, con piccoli sorrisi, le prime attenzioni dei giovanotti.

Persino i gradini di marmo della scala accanto al pozzo servivano per divertirsi:

seduti fianco a fianco al momento della partenza, i bambini si lasciavano scivolare giù velocemente e, di gradino in gradino, arrivavano  ai piedi della scala stessa.

Vinceva chi arrivava per primo. 

Gareggiavano anche nel salto … bisognava saltare quanti più gradini possibile.

Il più “bravo”, o “coraggioso” o “incosciente” che dir si voglia, riusciva a saltare dal primo pianerottolo,

 … e non erano solo i maschietti a sfidare la legge di gravità!      

bimbo e bimba con scala                                                                                                                 

La fantasia infantile era infinita …

chi saliva al secondo pianerottolo poteva aspettare che passasse giù in strada il fruttivendolo o il carrettino del pesce o …

BIMBA IN ALTALENAIn ognuno dei due pianerottoli, da una ringhiera all’altra, legavano molte volte una corda robusta, per crearsi una piccola altalena (altre più alte ve ne erano altrove).   

Quella scala, nelle cui ringhiere in ferro battuto si intrecciavano i ricchi rami del glicine, dopo il primo pianerottolo girava a destra ad angolo retto e, senza più cambiare direzione, interrotta solo da un secondo pianerottolo, raggiungeva il primo piano attraverso un cancelletto.

 Si arrivava così al terrazzino del piano superiore, ombreggiato dalla pergola che il grande albero vi aveva costruito; anche l’attigua terrazza più grande aveva ricevuto la visita del rampicante. Esso si era avvinghiato alla ringhiera, che la delimitava da un lato e che ne permetteva l’affaccio sul cortile sottostante.

La pianta, inoltre, aggrappandosi ai muri che dal terrazzino raggiungevano il terrazzo superiore, si allargava anche lì, per ridiscendere al primo piano, rivestendo la parete di un’antica scala a chiocciola.

Quest’ultima, pure in ferro battuto, metteva in comunicazione le due terrazze grandi.

 

        bimbo su scala chiocciolaIl corrimano della scala a chiocciola serviva spesso da scivolo nei giochi dei bambini, che sentivano crescere la loro gioia in misura direttamente proporzionale all’aumentare delle manifestazioni d’ansia degli adulti.

“Attenti!!!” si udiva su per la scala.

“Uahhhhhh!!!!!” era la risposta che, partendo a squarciagola dall’alto, accompagnava la spericolata discesa. 

                                                         

        Quanti piacevoli quadretti sgorgati da quelle menti inesauribili si potrebbero elencare!!! Quanti girotondi, quante grandi battaglie con i piccoli fucili delle fiere in quegli eterni e incantati pomeriggi, in cui i confini del tempo si dilatavano all’infinito!!!

 

        Ogni tanto qualche litigio, qualche pianto, qualche graffio, … a volte qualche ferita più grave …, ma poi tutto passava e ritornava l’atmosfera magica che nessuno di loro avrebbe mai più dimenticato e che li avrebbe uniti per sempre in qualsiasi luogo si fossero trovati!

IBISCUS

        In quel mondo incantato viveva Anna, una bambina di pochi anni, che abitava al primo piano della villa.

 

bambina azzurra con treccineCon le sue treccine svolazzanti, allegra e spensierata, aveva corso e giocato anche lei in quel caldo pomeriggio estivo assieme ai cugini, dopo aver trascorso la mattinata al mare, ora nell’ acqua, ora sulla sabbia a scavare gallerie e a costruire castelli.

 

 

BAMBINI INSIEME

 

Ormai, però, era giunto per tutti il momento del rientro.

 

       Nessuno di quei bambini avrebbe mai ammesso di essere stanco, ma gli adulti avevano detto che lo erano …: dunque, dovevano rimettersi in ordine e, dopo la merenda, trovare un’occupazione più tranquilla.

BARCHETTA CARTA“Si potevano indovinare i personaggi che a turno ciascuno di loro era in grado di mimare; CAPPELLINO CARTAsi poteva disegnare, si poteva giocare con i legnetti o costruire cappellini, barchette e VENTAGLIO CARTAventagli di carta; si poteva … quanti giochi erano a disposizione, da quelli vecchi a quelli nuovi, tutti da inventare!”. 

E, in verità, sovente si faceva a gara nel proporre giochi nuovi: lo spunto veniva da tutto e da tutti …

“Facciamo finta che tu sei … e che io sono … ?”

e ogni oggetto disponibile diventava qualcos’altro.

 

       LITE BIMBI Attimi di tensione potevano nascere se qualcuno “rubava” un’idea o un ruolo assegnato ad un altro; alla fine, comunque, in modo più o meno tranquillo, indolore e autonomo, cessavano le ostilità, come sempre, e lasciavano il posto al chiarimento, al “bacetto della pace”, ad un accordo.

“Dai, … adesso facciamo pace!” – diceva l’uno all’altro.

Seguiva un secco “No!” iniziale … ma, presto, arrivava la capitolazione, dietro la promessa di un comportamento più ortodosso.

“Promettimi, però, che non mi ruberai più la mia parte!”

… “Va beene!” 

 “ … e neanche le mie idee!”.

“Te lo prometto” …

“ Giuralo! …” 

“Lo giuro!” 

“Allora, facciamo pace”.  

                                                                                        

BACETTO PACEE con l’animo sollevato si poteva ricominciare a giocare tutti assieme.

 

 

NONNA CON ANNA

 

        Anna giocava volentieri con tutti e, se restava da sola, aveva sempre le bambole, le costruzioni e i pastelli; oppure la tartarughina in terrazza, i gattini e i cagnolini per casa.

        Quando si stancava, si sedeva vicino alla sua nonna e le chiedeva di raccontare …

“Nonna, mi racconti della scala che saliva e scendeva, della porta che si apriva e chiudeva …?”  “Nonna, mi racconti del re, bafè, biscotto e manè?” “Mi racconti di quando i siciliani scoprivano i francesi travestiti, facendogli pronunciare la parola ceci?” e … “la fata Morgana …?” e …

L’anziana donna raccontava allora di buon grado, con tanta pazienza e dolcezza.

 

 

TRICICLO

 

        Le stanze dell’appartamento del piano di sopra erano molto grandi e luminosissime.

Una sfociava nell’altra e da questa, attraverso due o tre porte su pareti diverse, si poteva accedere ad altre camere ancora.  

A volte vi era anche una porta-finestra, per  uscire sul balcone.

Gli ambienti sembravano diramarsi in ogni direzione , per allontanarsi uno dall’altro e per reincontrarsi di continuo.

Anna giocava tantissimo passando da una camera all’altra, specie d’inverno, quando, nelle giornate peggiori, le era permesso di aprire tutte le porte e attraversarle con il suo triciclo o con la sua prima biciclettina a due ruote.

        Immersa in quelle grandi stanze,la bimba cominciava a conoscerne ogni angolo.

Osservava molto il mondo che le stava intorno ed era molto curiosa.

Chiedendo e ascoltando veniva a conoscenza di realtà straordinariamente interessanti; seguendo i racconti, immaginava, costruiva legami, imparava abitudini e tradizioni.

Ben presto seppe che ognuna di esse aveva tante storie da raccontare.

Lei, guardando le pareti colorate e i soffitti abbelliti da rami e foglie, le ascoltava dalla voce di chi le parlava di altri nonni, zii, fratelli e cugini, vissuti in un’epoca imprecisata e di cui vedeva le immagini in vecchie foto.

“Quanto tempo fa dovevano essere vissuti!” –  pensava.

Li collocava in un remoto passato e, per quanto le era possibile, si spingeva indietro, indietro negli anni che non le appartenevano, senza essere in grado di comprendere che in realtà alcuni di loro erano andati via per sempre soltanto da poco tempo.

“Come può essere?”, si chiedeva, “Io non li ho mai visti!”

“Ad un bambino sembrano infinitamente lontani personaggi, avvenimenti e epoche anteriori alla sua nascita. Gli sembra, infatti, che appartengano al mondo delle fiabe, il cui racconto inizia con – c’era una volta” –  … qualcuno le spiegava ….

        La mamma, la nonna, il papà, gli zii discorrevano spesso di quelle persone straordinarie , quando parlavano tra di loro.

“Chi sono, dove si trovano?” – chiedeva.  

Le risposte ottenute lentamente le aprivano le porte di un castello misterioso e le rafforzavano quel significato del succedersi della vita che si andava delineando nella sua testolina.

 

                     CARAMELLA MONOCOLO         CARAMELLE 1    CARAMELLE 2   CARAMELLE 3     

 

        Sui mobili o dentro alcuni cassetti erano conservati con cura tanti ricordi.

Uno di essi, un giorno, colpì la sua fantasia e la sua curiosità…

Rovistando appunto dentro uno di quei cassetti, mentre intorno altri erano affaccendati nei normali lavori domestici, notò un piccolo vetro rotondo, inserito in un anello di metallo.

“Cos’è?” – chiese, prendendolo e guardandolo con fare interrogativo.

Quale non fu la sua meraviglia,quando sentì rispondersi che quel vetro rotondo si chiamava caramella!

Fino a quel momento l’unica caramella di cui aveva esperienza era colorata, dolce e si poteva mettere in bocca, masticarla o lasciarla sciogliere.

        Più grande avrebbe conosciuto molte altre parole, che potevano essere adoperate con significati diversi.Le avrebbero raccomandato perciò di usarle e di interpretarle con attenzione, tenendone presente referente e contesto.

 

        Gli adulti si muovevano con destrezza  fra mille attività ed erano tenuti in gran conto. Perciò Anna voleva provare a fare come loro, cimentandosi nei loro lavori e cercando di dimostrare che ne era capace.

        Appena vedeva le donne che cucinavano, per esempio, prendeva la sua sediolina, l’accostava alla cucina, salendovi sopra, e, con il loro aiuto, mescolava facendo girare il cucchiaio di legno dentro la grossa pentola, per non fare “attaccare” il cibo.                                                     ANNA E NONNA IN CUCINA

 

“Devo stare molto attenta” ripeteva tra sé.

Le avevano spiegato, infatti, due cose importanti:

primo, era facile scottarsi e farsi molto male (si ricordava bene che una volta le bollicine del puré di lenticchie le erano “scoppiate” sulla manina … che dolore!!!); secondo, se non mescolava bene, il cibo si “attaccava” al fondo della pentola, si abbrustoliva e tutto avrebbe assorbito un aspro gusto di fumo …

“Ma perché succede questo?!”.

Osservò bene allora la fiamma sotto non dentro la pentola e ne dovette chiedere la spiegazione.

Lungo il cammino di quei primi anni di vita, quante altre verità la meravigliarono!!!

 

        GRANITA LIMONE.jpg 2Un mattino d’estate, vicina ormai ai cinque anni, essendo già grande abbastanza, scese con la mamma e la nonna a comprare la granita.    

        Dovete sapere che in estate molte famiglie di quel piccolo paesino siciliano, in cui viveva la protagonista del nostro racconto, avevano l’abitudine di far colazione con la granita, ma, non avendo ancora il frigo, dovevano comprarla.

Pochi anni dopo, con l’arrivo del nuovo elettrodomestico, avrebbero potuto farla in casa e Anna avrebbe imparato a prepararsene una, buona e sostanziosa, con latte e caffè. 

        Quel mattino, dunque, appena Anna sentì avvicinarsi il carrettino e la voce che sempre più chiaramente annunciava: “Granite! Limone! Caffè! Fragola!”, prese il suo bicchiere di vetro e giù per la scala principale che scendeva fino in strada.

Se lo fece riempire con granita di limone … ne sentì la frescura, appena riavutolo in mano.

Felice, pian piano ritornò a salire con l’acquolina in bocca.

Ma …, dopo pochi gradini, il refrigerio provato qualche istante prima si andò trasformando in sofferenza.

“Ahi, ahi!”.

Si sentì “bruciare” le manine e fece fatica a reggere il bicchiere.

“Mamma, mamma, brucia!”, esclamò a voce alta.

“Ma no, che non brucia!”, fu la risposta.

“Sì, sì! Brucia, bruciaaa!!!”.

Il bicchiere stava per cadere … fece appena in tempo a metterlo nelle mani della nonna, che intanto le si era avvicinata, quando arrivò improvvisa e incomprensibile la spiegazione:

“Tu senti bruciare, perché il bicchiere è freddo!”

“…. !!!! …. ????? …. !!!!! ….” 

Anna non capì: le manine erano doloranti … la testa confusa!!

“Cosa vuol dire brucia, perché è freddo!?!?!?”.

 Associò immediatamente questa verità incomprensibile ad una precedente esperienza che l’aveva lasciata dubbiosa per qualche tempo.

       Era andata a comprare del pane dal panettiere vicino casa. Prima di uscire, le era stato raccomandato di prenderlo fresco.

“Mi dà, per favore, un chilo di pane fresco? –  si premurò a sottolineare Anna, mentre faceva l’ordinazione alla signora dietro il banco.

Ne ricevette un sacchetto di carta: era molto caldo.

Provò timidamente ad insistere che il pane doveva essere fresco.

Ma la risposta fu che andava bene così.

Uscì dalla bottega poco convinta e ritornò pensierosa sui suoi passi. Era molto insicura e preoccupata per le prevedibili reazioni che l’aspettavano.

                                      Mamma scala Anna pane                                                                                                   

Quando arrivò, la mamma l’attendeva in cima alla scala, e lei, piccolina, in basso:

“… gliel’ho detto di darmelo fresco, ma me l’ha dato caldo …!!!” – esclamò imbarazzata, cercando di scusarsi.

La reazione della mamma la colse di sorpresa …..

Un piccolo sorriso benevolo … e poi …

“ Il pane è caldo, perché è fresco!

“……. Ehhh?!?!?!?………”

       Aveva fatto appena in tempo a mettere al sicuro il bicchiere, grazie al previdente sopraggiungere della nonna, quando dovette concentrarsi su una nuova spiegazione:

“Se tocchi un corpo gelato, la sensazione che provi è simile  al bruciore … e possono esserci conseguenze spiacevoli!!”

       La mamma meritava rispetto e fiducia. Così accettò anche questa volta la sua spiegazione ….. ma sul momento non la capì molto bene!!

 

        Dopo aver preparato una buona cenetta, rimestando con cura e salvando il cibo dal fuoco che era sotto la pentola, la bimbetta corse da papà.

 

 

        Egli, un uomo ormai di mezza età, non era di molte parole e aveva un atteggiamento modesto e bonario, ma nello stesso tempo un’espressione dignitosa e severa. Attento e comprensivo nei confronti dei figli, faceva loro sentire, tuttavia, che non potevano permettersi troppe libertà, senza dover ricorrere per questo ad alzare troppo la voce o a infliggere punizioni di sorta.

Le risposte che forniva alle domande più complicate sapevano essere semplici, chiare e corrette nella loro essenzialità.

Aveva, infatti, una mente eclettica, che si occupava dei più diversi argomenti, rielaborandoli e comunicandoli, secondo l’età e la cultura dell’interlocutore.

Spesso mostrava di essere dotato di un sottile humour e di una grande capacità di osservazione. I suoi giudizi difficilmente erano errati.

Anna aveva capito che era capace di fare tante cose, oltre al suo lavoro, e quante cose sapeva! Aveva sempre una risposta per qualunque domanda.

Praticava parecchi hobbies:

non era ingegnere, ma progettava e disegnava come se lo fosse; non era un falegname, ma ne usava gli strumenti e costruiva oggetti, come se lo fosse; non era laureato in matematica, ma la conosceva benissimo; sapeva suonare e cantare e in molti si rivolgevano a lui per consiglio.

 

parole crociate

Spesso dedicava il suo tempo libero alle parole crociate.

Lei lo ammirava così concentrato e in grado di scrivere in tutti i quadratini

“Come riesce a rispondere a tutto?” –  si domandava.

        Imparò da lui gradualmente: prima ad annerire gli spazi segnati dai puntini del “cosa apparirà”, per ricavarne un disegno; poi, ad unire i numerini della “pista cifrata”, per scoprire la figura che vi si formava. Poi ancora a risolvere i rebus; quindi, a rispondere ai quesiti.

 

CARTE FRANCESI

        Quando non aveva voglia di disegnare né di unire i puntini, Anna chiedeva al papà di fare i giochi di prestigio o di giocare a “dama” o a carte.

Giocavano a lungo (o forse il tempo continuava a dilatarsi per lei?).

Le prime carte che Anna riuscì ad utilizzare furono quelle di dimensioni ridotte. Se non le aveva, doveva tenere quelle “normali” appoggiate sul tavolo e giocarle una ad una.

GIOCATORI A TAVOLOTutte le volte che “i grandi” si incontravano e “facevano una partitina”, li guardava, seguendo incuriosita il mistero di tante lunghe riflessioni, come pure la stranezza dei cenni che rimbalzavano da un giocatore a quello di fronte.

“Papà, posso giocare anch’io?” chiedeva la piccola Anna, “scalando” la sedia vuota vicino al tavolo dei giocatori.

“Vieni, siediti qua vicino”, rispondeva l’uomo dall’aspetto severo, ma disponibile e comprensivo, come i papà sanno essere.

La bimba si accomodava allora accanto al suo papà.

“Mi fai giocare con te? Come si gioca?”

“Giochiamo insieme” – rispondeva lui.

“Posso tirare io la carta?” – chiedeva lei, paga e felice – e, quando ne aveva ricevuto il permesso formale, prendeva dalle sue mani la carta che lui le indicava e la buttava orgogliosamente sul tavolo.

        I giochi più semplici si imparavano tra bambini.

Anche Anna imparò dai cugini più grandi.

Le regole e le tecniche più complicate, invece, le imparò dal papà, che, quando fu più grandetta, le insegnò a giocare anche con le carte francesi.

        La tecnica era sempre la stessa:

osservarlo, mentre giocava con gli altri; ascoltare poche e semplici spiegazioni; provare successivamente con lui a carte scoperte, per essere aiutata e consigliata “sul campo”; in ultimo tenere le carte in mano rivolte a se stessa e affrontarlo da vera avversaria.

“Ho vinto!!!” esclamava soddisfatta alla fine di quasi tutte le partite.

Infatti, le prime volte la vittoria arrivava frequentemente e con lei la sensazione di essere “brava”.

Poi, pian piano, vincere fu sempre più difficile:

“Hai vinto tu … !” – doveva ammettere sempre più spesso con rassegnazione .

Riconobbe allora che papà era veramente bravo e lei non era più una bambina piccola:

se qualche volta voleva riuscire ad avere la meglio, doveva utilizzare tutti i consigli e tutti gli insegnamenti ricevuti e doveva stare più attenta.

ANNA PENSACosì si disse:

“Adesso mi metterò veramente d’impegno, userò con attenzione tutti i consigli che lui mi ha dato e le tecniche che mi ha spiegato e gli farò vedere che sono capace di vincere, come i grandi … !!!”

 

© Antonina Orlando  Agosto 2014

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