L’HOMO SAPIENS SAPIENS NELLA GROTTA DI SAN TEODORO – ACQUEDOLCI – MESSINA

Il Monte San Fratello fa parte della catena dei Nebrodi. E’ un massiccio calcareo sulla costa nord della Sicilia, nel messinese, a pochissima distanza dal paesino di Acquedolci, di fronte alle isole Eolie. Sulla sua propaggine settentrionale, Pizzo INGRESSO GROTTA SAN TEODOROCastellaro, a 140 metri sul livello del mare, si apre la Grotta di San Teodoro, formatasi a seguito di fenomeni carsici.

Lì, centinaia di migliaia di anni or sono, il mare arrivava fino ai monti e il clima era tropicale.

Si tratta di un sito archeologico ricco di reperti interessanti che documentano la storia faunistica e antropologica locale. Della sua esistenza si è venuti a conoscenza grazie alle esplorazioni condotte dal barone Anca nel 1859 e alle indagini successive che hanno ampliato e perfezionato gli studi di Anca.

Oggi visitando il sito, fra i più importanti nel mondo, si viene a sapere che vi sono rappresentate tre distinte realtà paleontologiche: una, quella più antica, all’esterno, davanti e attorno alla grotta; le altre due, di epoca più recente, all’interno.

  1. L’attuale spazio antistante la grotta  era un bacino lacustre, formatosi quando si ritirarono le acque del mare che la lambivano. Col tempo anche quello specchio d’acqua si è prosciugato, ma sotto i suoi fondali è rimasto il deposito di un grandissimo numero di resti fossili appartenuti agli ippopotami (Hippopotamus pentlandi, endemico, di taglia leggermente ridotta), che lo frequentavano circa 200 mila anni fa.
  2. All’interno della grotta, nei sedimenti più profondi, si trovano resti animali che testimoniano la frequentazione di iene, lupi, volpi, cinghiali, buoi preistorici, elefanti endemici, cervi endemici, piccoli cavallini selvatici, cerbiatti; presenti, inoltre, numerosi coproliti di iena. Il deposito delle iene (crocuta crocuta spelaea) appartiene a circa 30000 anni fa. La peculiarità di questa tana è la grandezza: in genere tali depositi sono di piccole dimensioni; qui, invece, vi sono dimensioni notevoli, così come superiore, rispetto agli altri depositi, è il numero di coproliti che vi si trovano e che testimoniano una frequentazione prolungata nel tempo di piccoli gruppi di iene. Lungo le pareti della grotta ci sono cunicoli, dove gli animali potevano allevare la prole.
    1. Sempre all’interno, negli strati più superficiali, sono stati rinvenuti resti antropologici risalenti ad un periodo che si aggira attorno a 14 – 11 mila anni a. C., cioè all’ultimo periodo del Paleolitico superiore, in cui vive l’homo sapiens sapiens o di Cro – Magnon. Si tratta di cinque crani e due scheletri eccezionalmente completi, che hanno permesso di migliorare le conoscenze sui primi esseri viventi di questa parte della Sicilia. Al momento del ritrovamento i due scheletri si trovavano uno in posizione supina, l’altro sul fianco sinistro, ricoperti di terra e di un sottile strato di ocra rossa (colorante naturale), THEAsecondo un’abitudine che è stata riscontrata in altre grotte del Mediterraneo. Importantissimo è il ritrovamento dei resti fossili di una donna di circa 30 – 35 anni, alta un metro e sessantacinque centimetri, alla quale è stato attribuito il nome di Thea, in ricordo della grotta. Lo scheletro di Thea si può ammirare al Museo Gemmellaro di Palermo. Nello stesso strato si è rinvenuto dell’altro materiale, documentazione di vita quotidiana e di sopravvivenza. Si tratta di arnesi per cucinare (focolari), resti di pasto e utensili di pietra, che servivano all’uomo nel lavoro (per esempio lavorazione di pelli), per la caccia e per preparare il cibo. Gli utensili venivano ricavati dall’ossidiana, proveniente probabilmente dalle vicine Eolie, e dalle rocce a disposizione: quarzite, per strumenti di grosse dimensioni, e selce, per quelli di piccole dimensioni. All’interno della grotta sono stati rinvenuti anche vari frammenti di vasellame in ceramica, che documentano la presenza umana in epoca greca e romana.

Nel corso del paleolitico l’homo sapiens aveva già imparato a seppellire i morti con funerali. Seppellire i morti e organizzarne il culto rappresentano momenti essenziali nella nascita della civiltà e nella sua evoluzione. Il corpo del defunto in alcuni casi si presenta ripiegato, in altri steso e qualche volta con pietre attorno alla testa, forse come protezione. Sempre sono scavate fosse.

Il rito della sepoltura si mantenne e si sviluppò con l’homo sapiens sapiens: la grotta di San Teodoro ne è un esempio. Anche qui il defunto è circondato da ossa di animali, ciottoletti e ornamenti di collane con denti di cervo.

Una parte di questo materiale si trova all’Antiquarium di Acquedolci.

Scavi e studi non sono ancora completati; dagli anni ’80 se ne occupa l’Università di Messina in collaborazione con altre Università europee.

Il sito archeologico di Acquedolci, come tutti gli altri sparsi nel mondo, apre una finestra sulla storia della terra e della vita, contribuendo ad ampliare conoscenze e a far riflettere sulla Natura: essa con le sue potenti forze endogene ed esogene (comprendendo in queste anche l’uomo) ha trasformato e continua a trasformare il volto della Terra, condizionando la qualità e la forma della vita di tutti gli esseri viventi.

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© Antonina Orlando 09 Novembre 2015

L’HOMO SAPIENS SAPIENS NELLA GROTTA DI SAN TEODORO – ACQUEDOLCI – MESSINA