PREISTORIA E PROTOSTORIA DI MILAZZO

 

 

 

 ingresso sito archeologico milazzo 

 

Entriamo con  Alessandro (presidente dell’associazione Siciliantica) e con Tanya (tesoriere dell’associazione Siciliantica) nel sito archeologico di Milazzo…

… vi troviamo testimonianze di strutture risalenti al bronzo antico siciliano (XVIII- XVI sec. a. C.), ma tutta la zona fu abitata per l’intera età del bronzo, cioè dal II millennio al X sec. a. C., e sembra facesse parte di un complesso che si allargava a tutta la parte orientale della rocca su cui si trova il castello della cittadina.

Ci avviamo dapprima alla pianta del sito, per capire la disposizione dello stesso e l’ubicazione delle capanne che vi si trovavano. Qui, infatti, sorgeva un villaggio preistorico con capanne ovali.

 

pianta sito archeologico milazzo blog

Sito Archeologico Preistorico “Viale dei Cipressi” Milazzo – Pianta Partendo da sinistra: capanna n. 3, capanna n. 2, capanna n. 1

 

Avviciniamoci adesso alla capanna n. 1, una delle cinque del sito. Essa, più a monte rispetto alle altre, si presenta di forma ovale e di dimensioni eccezionali e ricorda la grande capanna delta IV dell’Acropoli di Lipari, l’unica che le si possa avvicinare per estensione e per caratteristiche costruttive. E’ divisa in due ambienti, abside e vano principale con focolare, da un muro-tramezzo. Gli scavi hanno messo in luce vari reperti (n. 101) di diversa tipologia, in particolare domestica.

 

capanna 1

Sito Archeologico Preistorico “Viale dei Cipressi” Milazzo –Base della capanna 1, risalente all’età del bronzo.

 

La capanna 2, riconoscibile e visitabile, presenta anch’essa una pianta ovale, ma è piuttosto mal conservata, perciò, dopo aver esaminato la capanna 1, ci soffermiamo ad osservare la capanna 3, ben conservata, con profilo ovale e irregolare. Anch’essa ha al suo interno un focolare per le esigenze quotidiane del complesso.

 

Focolare capanna 3

Sito Archeologico Preistorico “Viale dei Cipressi” Milazzo –Il focolare della capanna 3, risalente all’età del bronzo.

 

Apprendiamo che, nella prima età del bronzo, era sorto un villaggio di sei capanne ovali a Capo Graziano, un promontorio dell’isola di Filicudi. Da Capo Graziano deriva il nome di Civiltà di Capo Graziano, dato alla civiltà eoliana di questo periodo. Le sepolture del villaggio sono situate nella zona meridionale del promontorio [1] . Alla civiltà di Capo Graziano (oltre che all’interno del Bronzo Antico siciliano) si ricollega il villaggio di Viale dei Cipressi, unico esempio in Sicilia di questa civiltà. Peraltro, come dice L. Bernabò Brea, altri reperti ritrovati sulla costa della Sicilia nord-orientale, nonché un frammento di tazza-attingitoio con manico lungo del tipo conosciuto a Tindari e a Longane e ritrovato a Capo Graziano, fanno ipotizzare una particolare forma di civiltà per la Sicilia nord-orientale, di cui recentemente si è cominciato a trovare qualche reperto e di cui, attualmente, si sa pochissimo. Essa sarebbe della stessa età delle culture di Capo Graziano (Filicudi), di Castelluccio (nel Siracusano) e della Moarda (nel Palermitano) [2] . Gli scavi che stiamo osservando sono recenti (vanno da 1995 al 2005) e interessantissimi e ci rammarichiamo che per motivi economici non possano continuare, dal momento che facilmente si intuisce la grande estensione che doveva avere il villaggio lungo la zona orientale del promontorio su cui si trova il castello. Completata la visita agli scavi, siamo curiosi di conoscere sia i reperti rinvenuti nella capanna n. 1, sia quelli rinvenuti in altri insediamenti e necropoli del territorio, su cui sullo scorcio dell’VIII secolo a. C. Zancle avrebbe fondato Mylai, la sua prima subcolonia, assicurandosi il possesso di una fertile Piana e di un’ampia insenatura portuale, punto strategico per il controllo della rotta tirrenica e dell’accesso allo Stretto.   Così, accompagnati sempre dalle nostre brave e disponibili guide Tanya e Alessandro, ci dirigiamo verso l’Antiquarium “Domenico Ryolo”, nel centro abitato di Milazzo. Qui abbiamo modo di visionare molto materiale, di cui di seguito riportiamo qualche esempio:

 

Anfora Castellucciana  1

Anfora Castellucciana, rinvenuta all’interno della capanna 1 del sito di viale dei Cipressi e risalente all’età del bronzo antico (XVIII – XVI sec. a.C.). Unicum, vaso importato dall’area etnea.  

 

Dolio di origine liparota   2

Dolio di origine liparota, rinvenuto allinterno della capanna 1 del sito di viale dei Cipressi e risalente all'Età del Bronzo antico (XVIII – XVI sec. a. C.), per derrate alimentari

 

Foto-0018  3

Pithos, contrada S. Papino, usato in contesto funerario, secondo il tipico rituale che prevedeva la deposizione singola dell’inumato in posizione fetale (enchytrismòs)  (XVIII – XV sec. a.C.)

 

Foto-0019 urna cineraria 4

In basso a sinistra, urna cineraria, via XX  Settembre, età del bronzo recente – finale (XII – X sec. a.C., facies Ausonio I – II).  Prova della presenza di gente di origine continentale, perché la necropoli protovillanoviana è attribuita a quelle popolazioni provenienti dalla penisola italiana (gli Ausoni della tradizione letteraria) che occupano nel XIII sec. Lipari e, sullo scorcio del XII sec. a.C., Milazzo.

 

Foto-0048 Coppa (calcidese) a occhioni, 5

Coppa (calcidese) a occhioni, rinvenuta nella tomba 7 di via Pietro Gitto. necropoli meridionale tra la fine dell’VIII e gli inizi del III sec. a.C. Era pertinente a una sepoltura risalente alla fine del VI sec. a.C.

 

WP_000063 Amphoryskos in pasta vitrea 6

Amphoryskos in pasta vitrea, rinvenuto in piazzetta De Andrè (una delle zone interessate in antico dallo sviluppo della c.d. necropoli meridionale tra la fine dell’VIII e gli inizi del III sec. a.C.), pertinente a unasepoltura infantile della metà del VI sec. a.C.

 

WP_000064 Cratere a colonnette 7

Cratere a colonnette, corredo della tomba S. Giovanni (una delle zone interessate in antico dallo sviluppo della c.d. necropoli meridionale tra la fine dell’VIII e gli inizi del III sec. a.C.), la sepoltura è un unicum per tipologia sepolcrale, rito, ricchezza e varietà dei reperti rinvenuti.

 

WP_000068 Corredo della tomba 5 8

Corredo della tomba 5 di contrada S. Paolino (Cooperativa Serena), sepoltura pertinente a una adolescente. Tra i molti oggetti che dovevano accompagnare la piccola defunta nel suo viaggio ultraterreno, due tipi di imbarcazione prodotti dai ceramisti: quello con scafo particolarmente allungato, talora provvisto a prua di un rudimentale rostro, che verosimilmente prese come modello imbarcazioni da guerra, e quello con scafo panciuto, capiente, che ebbe a modello un particolare tipo di imbarcazione mercantile, comunemente diffuso in Sicilia e in Italia meridionale tra le fine del IV e il III secolo a.C. .

   

Osservando i reperti, non possiamo non pensare ad un mondo tanto lontano, tanto diverso dal nostro, eppure tanto reale e presente con le sue testimonianze archeologiche. Nel complesso di Viale dei Cipressi e all’Antiquarium abbiamo immaginato gente che, usando il materiale a disposizione, si è costruita capanne e focolari, necropoli per i propri morti, contenitori per conservarne il corpo o urne per le ceneri, corredi e porta unguenti per la loro vita ultraterrena. Oggetti provenienti da Lipari (come vasi e ossidiana), dalle zone dell’Etna, da Micene o dall’oriente con il commercio di Egei e Fenici, ci raccontano dell’intensa attività che si svolgeva anche sul tratto di Mediterraneo che si estende dall’odierna Milazzo alle isole eolie, in particolare Lipari, e da Milazzo verso la costa tirrenica nord-orientale e occidentale, nonché verso l’entroterra. Immaginiamo vecchi abitanti e popoli nuovi che arrivano; abitudini che si formano e si trasformano a contatto con nuove genti; ripetute emigrazioni e profughi i quali, sotto la spinta di altri popoli che occupano le loro terre, sono costretti a loro volta a cercarne altre su cui vivere, scontrandosi con gli indigeni, sostituendosi ad essi o anche raggiungendo una convivenza pacifica; commercianti [3] , che portano con sé il corredo delle proprie conoscenze e che trasferiscono da una gente all’altra non solo merci, ma idee, miti, divinità, tecniche, prodotti, coltivazioni. Così, negli anni sin qui esaminati, si sono avvicendati, in questa parte di terra, per abitarvi o per porvi basi commerciali, Sicani, Siculi, Ausoni, Fenici, Greci [4] .

Con gli Ausoni, giunti qui dopo essersi insediati a Lipari, Milazzo conosce la cultura protovillanoviana, come testimonia l’urna cineraria della foto n. 4 (torna su).

Prima dell’arrivo dei popoli d’urne, sia qui, a Milazzo, che a Lipari i morti venivano inumati in posizione fetale, utilizzando contenitori come il pithos della foto n. 3 (torna su).

L’abitudine di arricchire la sepoltura con tutto ciò che si pensava potesse servire al defunto o allietarlo nell’al di là, è tipica dei popoli del bacino del Mediterraneo che ce ne hanno lasciato testimonianza nei reperti rinvenuti nei vari siti. Nella foto n. 7 è possibile vedere uno di quei crateri, in cui si mescolavano vino e acqua, da bere durante i simposi. Prima del pasto, infatti, in un grande vaso chiamato cratere, si mescolavano in quantità più o meno varia, a seconda delle circostanze, vino e acqua. I servi attingevano al cratere con mestoli o con tazze e riempivano le coppe dei convitati [5]  (torna su).

Nella foto n. 8, si vedono due tipi di imbarcazione che dovevano accompagnare una piccola defunta nel suo viaggio ultraterreno (torna su).

La pasta vitrea è un materiale usato originariamente in Oriente, ma, grazie ai Fenici, che con il commercio mettono in relazione Oriente e Occidente, oggetti in pasta vitrea si diffondono nel Mediterraneo, dove spesso sorgono laboratori. Nei laboratori della Sicilia, per esempio, vengono prodotti oggetti e monili che poi saranno venduti sia nei mercati occidentali che in quelli orientali. Nella foto n. 6 è riprodotta un’anforetta in pasta vitrea appartenente ad un corredo per una sepoltura infantile (torna su).

 Il dolio della foto n. 2 è di origine liparota ed è stato rinvenuto all’interno della capanna 1 del sito di viale dei Cipressi; risale all’età del bronzo antico (XVIII – XVI sec. a.C.) ed era usato per conservare derrate alimentari (torna su).

Il vaso della foto n. 1  è un vaso di prestigio proveniente dall’area etnea; esso ci informa sulle relazioni tenute dagli abitanti del nostro villaggio con i popoli vicini, sull’importanza della capanna 1, in cui è stato ritrovato, e sullo scopo cui essa era destinata (torna su).

Nella foto n. 5 vi è l’immagine di una coppa calcidese; essa richiama le reciproche influenze artistiche e culturali dei popoli del Mediterraneo. Gli occhi che vi si vedono raffigurati, infatti, hanno una valenza magica che appartiene originariamente al mondo egizio (deriva forse dall’occhio apotropaico del dio Horos?). Importazione e imitazione di oggetti egizi furono notevoli presso i Fenici e con esse l’assorbimento e il trasferimento ad altri popoli di mentalità e credenze. A questo si aggiunga che i Greci ebbero un ruolo importante nei commerci tra la Fenicia e l’Occidente ed erano stabilmente in contatto con i Fenici nelle basi commerciali sia asiatiche che occidentali [6] . Va inoltre ricordato che Messina fu fondata dai Calcidesi [7] nell’VIII secolo, che la coppa in foto era pertinente ad una sepoltura del VI sec. a. C. e che la formazione della c.d. necropoli meridionale, in cui essa si trovava, va dalla fine dell’VIII agli inizi del III a. C. Dunque, l’occhio apotropaico potrebbe essere arrivato in Sicilia dai Fenici, ma sicuramente anche i Greci contribuirono alla sua diffusione, così come tutta la cultura del Mediterraneo. Il Mediterraneo della preistoria e della protostoria è un pullulare di popoli diversi che portano attività e sviluppo tecnologico; essi solcano il mare costruendosi tecnologie sempre più avanzate e facendo circolare assieme alla merci idee e progresso (torna su).

 

[1]  L. Bernabò Brea, La Sicilia prima dei Greci, 1982, Il Saggiatore, p. 98 – 99

[2] L. Bernabò Brea, La Sicilia prima dei Greci, 1982, Il Saggiatore, p. 115

[3] Cfr. trattazione sui commerci nel corso “Il Mediterraneo” della categoria Mediterraneo.

[4] Nella parte riguardante la Sicilia delle origini, approfondita nei corsi sul Mediterraneo, si tratta più diffusamente di Ciclopi, Lestrigoni, Sicani, Siculi, Ausoni, Fenici, Greci e delle scoperte che avvalorano quanto tramandato da miti e leggende.

[5] Cfr. Storia dell’alimentazione in Un viaggio interculturale: sapori mediterranei, a cura di A. Orlando

[6] Sabatino MOSCATI, Chi furono i Fenici, SEI, 1992, p. 123, 124

[7] Heurgon, Il Mediterraneo occidentale, p. 122  

 

L’uso odierno della ceramica, per esempio, tanto diffusa nel Mediterraneo, risale alla necessità dei primi uomini di costruire utensili. Molte fabbriche di ceramica ancora oggi in Sicilia, accanto alla produzione di soggetti contemporanei, riproducono immagini e recipienti dell’antichità.

 

anforetta Pippo 1                                                                            portavasi Pippo

anforetta Pippo 2

 

Piatto Pippo

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

Gabriella Tigano, Laura Bonfiglio, Gabriella Mangano, Piero Coppolino

 

l'Antiquarium archeologico di Milazzo. Guida all'esposizione.

Messina: Sicania

2011

  L. Bernabò Brea

   La Sicilia prima dei Greci.

 

Il Saggiatore

1982

  Sabatino MOSCATI

   Chi furono i Fenici

SEI

1992

 

brochure

Milazzo – L'antiquarium "Domenico Ryolo" e il sito archeologico di viale dei Cipressi

 

 

 

 

 

RINGRAZIAMENTI

 

Si ringraziano sentitamente per la gentile e importante collaborazione

     

Alessandro Ficarra presidente dell'associazione SiciliAntica Milazzo  

Tanya Pensabene, tesoriere dell'associazione SiciliAntica Milazzo  

Ceramica e dintorni di Antonietta Gerbino http://www.ceramicaedintori.nent  

 

 © Antonina Orlando Aprile 2014

 

             

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