FIORI, GIOCHI, STRANE VERITA’

DAL PASSATO AL FUTURO Racconto n.2

 

Una cascata profumata di eleganti grappoli fioriti, di foglie e di verdi tralci  rendeva fresca e piacevole parte dell’assolato cortile di una grande villa . Sul delicato violazzurro  del maestoso glicine spiccavano qua e là le macchie rosa antico dei grossi fiori di un geranio rampicante, adagiati sul verde intenso delle loro foglie carnose e pendenti dalle fioriere sovrastanti.

GLICINE CON GERANIO

 

        Lì, nell’immobile silenzio del caldo pomeriggio estivo, si rincorrevano voci argentine, risuonando ora allegre ora concitate: erano bimbi che, insieme, a squadre o a gruppetti, si sfidavano nella corsa, si nascondevano, facevano correre o rimbalzare  la palla, gareggiavano con le biciclette.                                                 

palma 1

Lo spazio a loro disposizione era tanto, anche se, da un lato del cortile, accanto al muro dei magazzini, si trovava una bella palma alta, più in là un gelso e, sul lato opposto, di fronte alla palma, un pozzo, chiuso da un pesante coperchio, faceva da base a piante di ogni tipo, tutte fiorite.

Pozzo fiorito

In posizione centrale si trovava un’aiuola con una stupenda rosa bianca. I piccoli se ne servivano in vario modo: poteva avere la funzione di rotonda, poteva fungere da punto di partenza o da  traguardo per le corse in bici o a piedi. Il suo bordo rialzato diventava di tanto in tanto divanetto per le bambine che imitavano le signore in salotto, o panchina per le signorine che si raccontavano, con piccoli sorrisi, le prime attenzioni dei giovanotti.

Persino i gradini di marmo della scala accanto al pozzo servivano per divertirsi:

seduti fianco a fianco al momento della partenza, i bambini si lasciavano scivolare giù velocemente e, di gradino in gradino, arrivavano  ai piedi della scala stessa.

Vinceva chi arrivava per primo. 

Gareggiavano anche nel salto … bisognava saltare quanti più gradini possibile.

Il più “bravo”, o “coraggioso” o “incosciente” che dir si voglia, riusciva a saltare dal primo pianerottolo,

 … e non erano solo i maschietti a sfidare la legge di gravità!      

bimbo e bimba con scala                                                                                                                 

La fantasia infantile era infinita …

chi saliva al secondo pianerottolo poteva aspettare che passasse giù in strada il fruttivendolo o il carrettino del pesce o …

BIMBA IN ALTALENAIn ognuno dei due pianerottoli, da una ringhiera all’altra, legavano molte volte una corda robusta, per crearsi una piccola altalena (altre più alte ve ne erano altrove).   

Quella scala, nelle cui ringhiere in ferro battuto si intrecciavano i ricchi rami del glicine, dopo il primo pianerottolo girava a destra ad angolo retto e, senza più cambiare direzione, interrotta solo da un secondo pianerottolo, raggiungeva il primo piano attraverso un cancelletto.

 Si arrivava così al terrazzino del piano superiore, ombreggiato dalla pergola che il grande albero vi aveva costruito; anche l’attigua terrazza più grande aveva ricevuto la visita del rampicante. Esso si era avvinghiato alla ringhiera, che la delimitava da un lato e che ne permetteva l’affaccio sul cortile sottostante.

La pianta, inoltre, aggrappandosi ai muri che dal terrazzino raggiungevano il terrazzo superiore, si allargava anche lì, per ridiscendere al primo piano, rivestendo la parete di un’antica scala a chiocciola.

Quest’ultima, pure in ferro battuto, metteva in comunicazione le due terrazze grandi.

 

        bimbo su scala chiocciolaIl corrimano della scala a chiocciola serviva spesso da scivolo nei giochi dei bambini, che sentivano crescere la loro gioia in misura direttamente proporzionale all’aumentare delle manifestazioni d’ansia degli adulti.

“Attenti!!!” si udiva su per la scala.

“Uahhhhhh!!!!!” era la risposta che, partendo a squarciagola dall’alto, accompagnava la spericolata discesa. 

                                                         

        Quanti piacevoli quadretti sgorgati da quelle menti inesauribili si potrebbero elencare!!! Quanti girotondi, quante grandi battaglie con i piccoli fucili delle fiere in quegli eterni e incantati pomeriggi, in cui i confini del tempo si dilatavano all’infinito!!!

 

        Ogni tanto qualche litigio, qualche pianto, qualche graffio, … a volte qualche ferita più grave …, ma poi tutto passava e ritornava l’atmosfera magica che nessuno di loro avrebbe mai più dimenticato e che li avrebbe uniti per sempre in qualsiasi luogo si fossero trovati!

IBISCUS

        In quel mondo incantato viveva Anna, una bambina di pochi anni, che abitava al primo piano della villa.

 

bambina azzurra con treccineCon le sue treccine svolazzanti, allegra e spensierata, aveva corso e giocato anche lei in quel caldo pomeriggio estivo assieme ai cugini, dopo aver trascorso la mattinata al mare, ora nell’ acqua, ora sulla sabbia a scavare gallerie e a costruire castelli.

 

 

BAMBINI INSIEME

 

Ormai, però, era giunto per tutti il momento del rientro.

 

       Nessuno di quei bambini avrebbe mai ammesso di essere stanco, ma gli adulti avevano detto che lo erano …: dunque, dovevano rimettersi in ordine e, dopo la merenda, trovare un’occupazione più tranquilla.

BARCHETTA CARTA“Si potevano indovinare i personaggi che a turno ciascuno di loro era in grado di mimare; CAPPELLINO CARTAsi poteva disegnare, si poteva giocare con i legnetti o costruire cappellini, barchette e VENTAGLIO CARTAventagli di carta; si poteva … quanti giochi erano a disposizione, da quelli vecchi a quelli nuovi, tutti da inventare!”. 

E, in verità, sovente si faceva a gara nel proporre giochi nuovi: lo spunto veniva da tutto e da tutti …

“Facciamo finta che tu sei … e che io sono … ?”

e ogni oggetto disponibile diventava qualcos’altro.

 

       LITE BIMBI Attimi di tensione potevano nascere se qualcuno “rubava” un’idea o un ruolo assegnato ad un altro; alla fine, comunque, in modo più o meno tranquillo, indolore e autonomo, cessavano le ostilità, come sempre, e lasciavano il posto al chiarimento, al “bacetto della pace”, ad un accordo.

“Dai, … adesso facciamo pace!” – diceva l’uno all’altro.

Seguiva un secco “No!” iniziale … ma, presto, arrivava la capitolazione, dietro la promessa di un comportamento più ortodosso.

“Promettimi, però, che non mi ruberai più la mia parte!”

… “Va beene!” 

 “ … e neanche le mie idee!”.

“Te lo prometto” …

“ Giuralo! …” 

“Lo giuro!” 

“Allora, facciamo pace”.  

                                                                                        

BACETTO PACEE con l’animo sollevato si poteva ricominciare a giocare tutti assieme.

 

 

NONNA CON ANNA

 

        Anna giocava volentieri con tutti e, se restava da sola, aveva sempre le bambole, le costruzioni e i pastelli; oppure la tartarughina in terrazza, i gattini e i cagnolini per casa.

        Quando si stancava, si sedeva vicino alla sua nonna e le chiedeva di raccontare …

“Nonna, mi racconti della scala che saliva e scendeva, della porta che si apriva e chiudeva …?”  “Nonna, mi racconti del re, bafè, biscotto e manè?” “Mi racconti di quando i siciliani scoprivano i francesi travestiti, facendogli pronunciare la parola ceci?” e … “la fata Morgana …?” e …

L’anziana donna raccontava allora di buon grado, con tanta pazienza e dolcezza.

 

 

TRICICLO

 

        Le stanze dell’appartamento del piano di sopra erano molto grandi e luminosissime.

Una sfociava nell’altra e da questa, attraverso due o tre porte su pareti diverse, si poteva accedere ad altre camere ancora.  

A volte vi era anche una porta-finestra, per  uscire sul balcone.

Gli ambienti sembravano diramarsi in ogni direzione , per allontanarsi uno dall’altro e per reincontrarsi di continuo.

Anna giocava tantissimo passando da una camera all’altra, specie d’inverno, quando, nelle giornate peggiori, le era permesso di aprire tutte le porte e attraversarle con il suo triciclo o con la sua prima biciclettina a due ruote.

        Immersa in quelle grandi stanze,la bimba cominciava a conoscerne ogni angolo.

Osservava molto il mondo che le stava intorno ed era molto curiosa.

Chiedendo e ascoltando veniva a conoscenza di realtà straordinariamente interessanti; seguendo i racconti, immaginava, costruiva legami, imparava abitudini e tradizioni.

Ben presto seppe che ognuna di esse aveva tante storie da raccontare.

Lei, guardando le pareti colorate e i soffitti abbelliti da rami e foglie, le ascoltava dalla voce di chi le parlava di altri nonni, zii, fratelli e cugini, vissuti in un’epoca imprecisata e di cui vedeva le immagini in vecchie foto.

“Quanto tempo fa dovevano essere vissuti!” –  pensava.

Li collocava in un remoto passato e, per quanto le era possibile, si spingeva indietro, indietro negli anni che non le appartenevano, senza essere in grado di comprendere che in realtà alcuni di loro erano andati via per sempre soltanto da poco tempo.

“Come può essere?”, si chiedeva, “Io non li ho mai visti!”

“Ad un bambino sembrano infinitamente lontani personaggi, avvenimenti e epoche anteriori alla sua nascita. Gli sembra, infatti, che appartengano al mondo delle fiabe, il cui racconto inizia con – c’era una volta” –  … qualcuno le spiegava ….

        La mamma, la nonna, il papà, gli zii discorrevano spesso di quelle persone straordinarie , quando parlavano tra di loro.

“Chi sono, dove si trovano?” – chiedeva.  

Le risposte ottenute lentamente le aprivano le porte di un castello misterioso e le rafforzavano quel significato del succedersi della vita che si andava delineando nella sua testolina.

 

                     CARAMELLA MONOCOLO         CARAMELLE 1    CARAMELLE 2   CARAMELLE 3     

 

        Sui mobili o dentro alcuni cassetti erano conservati con cura tanti ricordi.

Uno di essi, un giorno, colpì la sua fantasia e la sua curiosità…

Rovistando appunto dentro uno di quei cassetti, mentre intorno altri erano affaccendati nei normali lavori domestici, notò un piccolo vetro rotondo, inserito in un anello di metallo.

“Cos’è?” – chiese, prendendolo e guardandolo con fare interrogativo.

Quale non fu la sua meraviglia,quando sentì rispondersi che quel vetro rotondo si chiamava caramella!

Fino a quel momento l’unica caramella di cui aveva esperienza era colorata, dolce e si poteva mettere in bocca, masticarla o lasciarla sciogliere.

        Più grande avrebbe conosciuto molte altre parole, che potevano essere adoperate con significati diversi.Le avrebbero raccomandato perciò di usarle e di interpretarle con attenzione, tenendone presente referente e contesto.

 

        Gli adulti si muovevano con destrezza  fra mille attività ed erano tenuti in gran conto. Perciò Anna voleva provare a fare come loro, cimentandosi nei loro lavori e cercando di dimostrare che ne era capace.

        Appena vedeva le donne che cucinavano, per esempio, prendeva la sua sediolina, l’accostava alla cucina, salendovi sopra, e, con il loro aiuto, mescolava facendo girare il cucchiaio di legno dentro la grossa pentola, per non fare “attaccare” il cibo.                                                     ANNA E NONNA IN CUCINA

 

“Devo stare molto attenta” ripeteva tra sé.

Le avevano spiegato, infatti, due cose importanti:

primo, era facile scottarsi e farsi molto male (si ricordava bene che una volta le bollicine del puré di lenticchie le erano “scoppiate” sulla manina … che dolore!!!); secondo, se non mescolava bene, il cibo si “attaccava” al fondo della pentola, si abbrustoliva e tutto avrebbe assorbito un aspro gusto di fumo …

“Ma perché succede questo?!”.

Osservò bene allora la fiamma sotto non dentro la pentola e ne dovette chiedere la spiegazione.

Lungo il cammino di quei primi anni di vita, quante altre verità la meravigliarono!!!

 

        GRANITA LIMONE.jpg 2Un mattino d’estate, vicina ormai ai cinque anni, essendo già grande abbastanza, scese con la mamma e la nonna a comprare la granita.    

        Dovete sapere che in estate molte famiglie di quel piccolo paesino siciliano, in cui viveva la protagonista del nostro racconto, avevano l’abitudine di far colazione con la granita, ma, non avendo ancora il frigo, dovevano comprarla.

Pochi anni dopo, con l’arrivo del nuovo elettrodomestico, avrebbero potuto farla in casa e Anna avrebbe imparato a prepararsene una, buona e sostanziosa, con latte e caffè. 

        Quel mattino, dunque, appena Anna sentì avvicinarsi il carrettino e la voce che sempre più chiaramente annunciava: “Granite! Limone! Caffè! Fragola!”, prese il suo bicchiere di vetro e giù per la scala principale che scendeva fino in strada.

Se lo fece riempire con granita di limone … ne sentì la frescura, appena riavutolo in mano.

Felice, pian piano ritornò a salire con l’acquolina in bocca.

Ma …, dopo pochi gradini, il refrigerio provato qualche istante prima si andò trasformando in sofferenza.

“Ahi, ahi!”.

Si sentì “bruciare” le manine e fece fatica a reggere il bicchiere.

“Mamma, mamma, brucia!”, esclamò a voce alta.

“Ma no, che non brucia!”, fu la risposta.

“Sì, sì! Brucia, bruciaaa!!!”.

Il bicchiere stava per cadere … fece appena in tempo a metterlo nelle mani della nonna, che intanto le si era avvicinata, quando arrivò improvvisa e incomprensibile la spiegazione:

“Tu senti bruciare, perché il bicchiere è freddo!”

“…. !!!! …. ????? …. !!!!! ….” 

Anna non capì: le manine erano doloranti … la testa confusa!!

“Cosa vuol dire brucia, perché è freddo!?!?!?”.

 Associò immediatamente questa verità incomprensibile ad una precedente esperienza che l’aveva lasciata dubbiosa per qualche tempo.

       Era andata a comprare del pane dal panettiere vicino casa. Prima di uscire, le era stato raccomandato di prenderlo fresco.

“Mi dà, per favore, un chilo di pane fresco? –  si premurò a sottolineare Anna, mentre faceva l’ordinazione alla signora dietro il banco.

Ne ricevette un sacchetto di carta: era molto caldo.

Provò timidamente ad insistere che il pane doveva essere fresco.

Ma la risposta fu che andava bene così.

Uscì dalla bottega poco convinta e ritornò pensierosa sui suoi passi. Era molto insicura e preoccupata per le prevedibili reazioni che l’aspettavano.

                                      Mamma scala Anna pane                                                                                                   

Quando arrivò, la mamma l’attendeva in cima alla scala, e lei, piccolina, in basso:

“… gliel’ho detto di darmelo fresco, ma me l’ha dato caldo …!!!” – esclamò imbarazzata, cercando di scusarsi.

La reazione della mamma la colse di sorpresa …..

Un piccolo sorriso benevolo … e poi …

“ Il pane è caldo, perché è fresco!

“……. Ehhh?!?!?!?………”

       Aveva fatto appena in tempo a mettere al sicuro il bicchiere, grazie al previdente sopraggiungere della nonna, quando dovette concentrarsi su una nuova spiegazione:

“Se tocchi un corpo gelato, la sensazione che provi è simile  al bruciore … e possono esserci conseguenze spiacevoli!!”

       La mamma meritava rispetto e fiducia. Così accettò anche questa volta la sua spiegazione ….. ma sul momento non la capì molto bene!!

 

        Dopo aver preparato una buona cenetta, rimestando con cura e salvando il cibo dal fuoco che era sotto la pentola, la bimbetta corse da papà.

 

 

        Egli, un uomo ormai di mezza età, non era di molte parole e aveva un atteggiamento modesto e bonario, ma nello stesso tempo un’espressione dignitosa e severa. Attento e comprensivo nei confronti dei figli, faceva loro sentire, tuttavia, che non potevano permettersi troppe libertà, senza dover ricorrere per questo ad alzare troppo la voce o a infliggere punizioni di sorta.

Le risposte che forniva alle domande più complicate sapevano essere semplici, chiare e corrette nella loro essenzialità.

Aveva, infatti, una mente eclettica, che si occupava dei più diversi argomenti, rielaborandoli e comunicandoli, secondo l’età e la cultura dell’interlocutore.

Spesso mostrava di essere dotato di un sottile humour e di una grande capacità di osservazione. I suoi giudizi difficilmente erano errati.

Anna aveva capito che era capace di fare tante cose, oltre al suo lavoro, e quante cose sapeva! Aveva sempre una risposta per qualunque domanda.

Praticava parecchi hobbies:

non era ingegnere, ma progettava e disegnava come se lo fosse; non era un falegname, ma ne usava gli strumenti e costruiva oggetti, come se lo fosse; non era laureato in matematica, ma la conosceva benissimo; sapeva suonare e cantare e in molti si rivolgevano a lui per consiglio.

 

parole crociate

Spesso dedicava il suo tempo libero alle parole crociate.

Lei lo ammirava così concentrato e in grado di scrivere in tutti i quadratini

“Come riesce a rispondere a tutto?” –  si domandava.

        Imparò da lui gradualmente: prima ad annerire gli spazi segnati dai puntini del “cosa apparirà”, per ricavarne un disegno; poi, ad unire i numerini della “pista cifrata”, per scoprire la figura che vi si formava. Poi ancora a risolvere i rebus; quindi, a rispondere ai quesiti.

 

CARTE FRANCESI

        Quando non aveva voglia di disegnare né di unire i puntini, Anna chiedeva al papà di fare i giochi di prestigio o di giocare a “dama” o a carte.

Giocavano a lungo (o forse il tempo continuava a dilatarsi per lei?).

Le prime carte che Anna riuscì ad utilizzare furono quelle di dimensioni ridotte. Se non le aveva, doveva tenere quelle “normali” appoggiate sul tavolo e giocarle una ad una.

GIOCATORI A TAVOLOTutte le volte che “i grandi” si incontravano e “facevano una partitina”, li guardava, seguendo incuriosita il mistero di tante lunghe riflessioni, come pure la stranezza dei cenni che rimbalzavano da un giocatore a quello di fronte.

“Papà, posso giocare anch’io?” chiedeva la piccola Anna, “scalando” la sedia vuota vicino al tavolo dei giocatori.

“Vieni, siediti qua vicino”, rispondeva l’uomo dall’aspetto severo, ma disponibile e comprensivo, come i papà sanno essere.

La bimba si accomodava allora accanto al suo papà.

“Mi fai giocare con te? Come si gioca?”

“Giochiamo insieme” – rispondeva lui.

“Posso tirare io la carta?” – chiedeva lei, paga e felice – e, quando ne aveva ricevuto il permesso formale, prendeva dalle sue mani la carta che lui le indicava e la buttava orgogliosamente sul tavolo.

        I giochi più semplici si imparavano tra bambini.

Anche Anna imparò dai cugini più grandi.

Le regole e le tecniche più complicate, invece, le imparò dal papà, che, quando fu più grandetta, le insegnò a giocare anche con le carte francesi.

        La tecnica era sempre la stessa:

osservarlo, mentre giocava con gli altri; ascoltare poche e semplici spiegazioni; provare successivamente con lui a carte scoperte, per essere aiutata e consigliata “sul campo”; in ultimo tenere le carte in mano rivolte a se stessa e affrontarlo da vera avversaria.

“Ho vinto!!!” esclamava soddisfatta alla fine di quasi tutte le partite.

Infatti, le prime volte la vittoria arrivava frequentemente e con lei la sensazione di essere “brava”.

Poi, pian piano, vincere fu sempre più difficile:

“Hai vinto tu … !” – doveva ammettere sempre più spesso con rassegnazione .

Riconobbe allora che papà era veramente bravo e lei non era più una bambina piccola:

se qualche volta voleva riuscire ad avere la meglio, doveva utilizzare tutti i consigli e tutti gli insegnamenti ricevuti e doveva stare più attenta.

ANNA PENSACosì si disse:

“Adesso mi metterò veramente d’impegno, userò con attenzione tutti i consigli che lui mi ha dato e le tecniche che mi ha spiegato e gli farò vedere che sono capace di vincere, come i grandi … !!!”

 

© Antonina Orlando  Agosto 2014

CONCERTO IN CRESCENDO

CONCERTO IN CRESCENDP

 

Sabato 10 Maggio 2014, alle ore 21, presso il teatro Cottolengo, in via Cottolengo, 12 – Torino, gli ex-allievi e gli allievi della Sc. M. St., ad indirizzo musicale, “P. GOBETTI” di Rivoli – To, si sono esibiti in concerto.

 

orchestra

 

L’orchestra giovanile, di cui fanno parte, è nata nel 2010 ed è composta attualmente da trentuno elementi, di cui ventuno ex-allievi. Essa partecipa, sia sul territorio che fuori, ad eventi e iniziative musicali, culturali e di beneficenza.

Come sempre, i ragazzi hanno dato prova di entusiasmo e bravura nell’esecuzione dei brani musicali proposti dai loro insegnanti.

 

 ragazze con violino                                                                 

                                                                                                                                                                                                                                 

I proff. Silvia EURON (flauto traverso), Ugo FIAMINGO (violino), Stefania MAIO (pianoforte) li hanno preparati e continuano a prepararli, trasmettendo loro amore per la musica, sensibilità e cultura.

 

ragazzi con tastiera

 

 

Durante l’esecuzione dei brani, oltre alla veste di direttori d’orchestra, essi hanno continuato ad indossare quella di insegnanti e hanno comunicato suggerimenti, richieste, incoraggiamenti e soddisfazione sia con la parola, che con un attento linguaggio visivo, ben compreso dagli allievi.

 

 

   Euron dirige                           

 

 

Fiamingo direzione

                                              

 

                                                         

 

Punto di riferimento in ogni situazione, hanno reso la serata piacevole e sono intervenuti in modo veloce e discreto, per risolvere con perizia qualche piccolo inconveniente, di ordinaria amministrazione, come musica fuori posto, dubbi, rottura di una corda di violino.

 

 

                                                              

   Maio aiuta                                                                                                                                                                                                     

                    

 

Fiamingo applaude

 

 

Fra i molti momenti formativi della serata, va ricordato quello che ha visto gli insegnanti suonare con i loro strumenti, seduti nell’orchestra assieme agli allievi.

 

   Fiamingo nell'orchestra                                                            Euron nell'orchestra                                                                

 

Uno spettacolo veramente molto piacevole, da cui sono emersi la motivazione, la forza di volontà e il costante esercizio dei ragazzi, ma anche la capacità di  INSEGNANTI  altrettanto motivati, decisi e preparati.    

 

BRANI ESEGUITI

 

Un brano fuori programma ha aperto la serata:

L’AVEMARIA DI GOUNOD, suonata dalle giovani MARTINA, al flauto traverso, e GIULIA, alla tastiera.

A seguire:

NEW YORK, NEW YORK                  

J. Kander

THE PINK PANTHER

H. Mancini

BOLERO

arrangiamento di Ugo Fiamingo

M. Ravel

STAR WARS (MAIN THEME),

dal film della Saga omonima, arrangiamento di Silvia Euron

J. Williams

VALZER n. 2

dalla “Suite per Orchestra di Varietà”

D. Shostakovich

NELL’ANTRO DEL RE DELLA MONTAGNA

Dall’Opera “Peer Gynt”

E. Grieg

LA DONNA E’ MOBILE,

dall’Opera “Rigoletto

BRINDISI (LIBIAMO NE’ LIETI CALICI),

dall’Opera “La Traviata

arrangiamento di Ugo Fiamingo

G. Verdi

RADETZKY- MARSCH

J. Strauss padre

HE’S A PIRATE,

dai film della saga “Pirati dei Caraibi

arrangiamento di Andrea Tedesco

K. Badelt e

H. Zimmer

 

Antonina Orlando

© Antonina Orlando  Maggio 2014 

PREISTORIA E PROTOSTORIA DI MILAZZO

 

 

 

 ingresso sito archeologico milazzo 

 

Entriamo con  Alessandro (presidente dell’associazione Siciliantica) e con Tanya (tesoriere dell’associazione Siciliantica) nel sito archeologico di Milazzo…

… vi troviamo testimonianze di strutture risalenti al bronzo antico siciliano (XVIII- XVI sec. a. C.), ma tutta la zona fu abitata per l’intera età del bronzo, cioè dal II millennio al X sec. a. C., e sembra facesse parte di un complesso che si allargava a tutta la parte orientale della rocca su cui si trova il castello della cittadina.

Ci avviamo dapprima alla pianta del sito, per capire la disposizione dello stesso e l’ubicazione delle capanne che vi si trovavano. Qui, infatti, sorgeva un villaggio preistorico con capanne ovali.

 

pianta sito archeologico milazzo blog

Sito Archeologico Preistorico “Viale dei Cipressi” Milazzo – Pianta Partendo da sinistra: capanna n. 3, capanna n. 2, capanna n. 1

 

Avviciniamoci adesso alla capanna n. 1, una delle cinque del sito. Essa, più a monte rispetto alle altre, si presenta di forma ovale e di dimensioni eccezionali e ricorda la grande capanna delta IV dell’Acropoli di Lipari, l’unica che le si possa avvicinare per estensione e per caratteristiche costruttive. E’ divisa in due ambienti, abside e vano principale con focolare, da un muro-tramezzo. Gli scavi hanno messo in luce vari reperti (n. 101) di diversa tipologia, in particolare domestica.

 

capanna 1

Sito Archeologico Preistorico “Viale dei Cipressi” Milazzo –Base della capanna 1, risalente all’età del bronzo.

 

La capanna 2, riconoscibile e visitabile, presenta anch’essa una pianta ovale, ma è piuttosto mal conservata, perciò, dopo aver esaminato la capanna 1, ci soffermiamo ad osservare la capanna 3, ben conservata, con profilo ovale e irregolare. Anch’essa ha al suo interno un focolare per le esigenze quotidiane del complesso.

 

Focolare capanna 3

Sito Archeologico Preistorico “Viale dei Cipressi” Milazzo –Il focolare della capanna 3, risalente all’età del bronzo.

 

Apprendiamo che, nella prima età del bronzo, era sorto un villaggio di sei capanne ovali a Capo Graziano, un promontorio dell’isola di Filicudi. Da Capo Graziano deriva il nome di Civiltà di Capo Graziano, dato alla civiltà eoliana di questo periodo. Le sepolture del villaggio sono situate nella zona meridionale del promontorio [1] . Alla civiltà di Capo Graziano (oltre che all’interno del Bronzo Antico siciliano) si ricollega il villaggio di Viale dei Cipressi, unico esempio in Sicilia di questa civiltà. Peraltro, come dice L. Bernabò Brea, altri reperti ritrovati sulla costa della Sicilia nord-orientale, nonché un frammento di tazza-attingitoio con manico lungo del tipo conosciuto a Tindari e a Longane e ritrovato a Capo Graziano, fanno ipotizzare una particolare forma di civiltà per la Sicilia nord-orientale, di cui recentemente si è cominciato a trovare qualche reperto e di cui, attualmente, si sa pochissimo. Essa sarebbe della stessa età delle culture di Capo Graziano (Filicudi), di Castelluccio (nel Siracusano) e della Moarda (nel Palermitano) [2] . Gli scavi che stiamo osservando sono recenti (vanno da 1995 al 2005) e interessantissimi e ci rammarichiamo che per motivi economici non possano continuare, dal momento che facilmente si intuisce la grande estensione che doveva avere il villaggio lungo la zona orientale del promontorio su cui si trova il castello. Completata la visita agli scavi, siamo curiosi di conoscere sia i reperti rinvenuti nella capanna n. 1, sia quelli rinvenuti in altri insediamenti e necropoli del territorio, su cui sullo scorcio dell’VIII secolo a. C. Zancle avrebbe fondato Mylai, la sua prima subcolonia, assicurandosi il possesso di una fertile Piana e di un’ampia insenatura portuale, punto strategico per il controllo della rotta tirrenica e dell’accesso allo Stretto.   Così, accompagnati sempre dalle nostre brave e disponibili guide Tanya e Alessandro, ci dirigiamo verso l’Antiquarium “Domenico Ryolo”, nel centro abitato di Milazzo. Qui abbiamo modo di visionare molto materiale, di cui di seguito riportiamo qualche esempio:

 

Anfora Castellucciana  1

Anfora Castellucciana, rinvenuta all’interno della capanna 1 del sito di viale dei Cipressi e risalente all’età del bronzo antico (XVIII – XVI sec. a.C.). Unicum, vaso importato dall’area etnea.  

 

Dolio di origine liparota   2

Dolio di origine liparota, rinvenuto allinterno della capanna 1 del sito di viale dei Cipressi e risalente all'Età del Bronzo antico (XVIII – XVI sec. a. C.), per derrate alimentari

 

Foto-0018  3

Pithos, contrada S. Papino, usato in contesto funerario, secondo il tipico rituale che prevedeva la deposizione singola dell’inumato in posizione fetale (enchytrismòs)  (XVIII – XV sec. a.C.)

 

Foto-0019 urna cineraria 4

In basso a sinistra, urna cineraria, via XX  Settembre, età del bronzo recente – finale (XII – X sec. a.C., facies Ausonio I – II).  Prova della presenza di gente di origine continentale, perché la necropoli protovillanoviana è attribuita a quelle popolazioni provenienti dalla penisola italiana (gli Ausoni della tradizione letteraria) che occupano nel XIII sec. Lipari e, sullo scorcio del XII sec. a.C., Milazzo.

 

Foto-0048 Coppa (calcidese) a occhioni, 5

Coppa (calcidese) a occhioni, rinvenuta nella tomba 7 di via Pietro Gitto. necropoli meridionale tra la fine dell’VIII e gli inizi del III sec. a.C. Era pertinente a una sepoltura risalente alla fine del VI sec. a.C.

 

WP_000063 Amphoryskos in pasta vitrea 6

Amphoryskos in pasta vitrea, rinvenuto in piazzetta De Andrè (una delle zone interessate in antico dallo sviluppo della c.d. necropoli meridionale tra la fine dell’VIII e gli inizi del III sec. a.C.), pertinente a unasepoltura infantile della metà del VI sec. a.C.

 

WP_000064 Cratere a colonnette 7

Cratere a colonnette, corredo della tomba S. Giovanni (una delle zone interessate in antico dallo sviluppo della c.d. necropoli meridionale tra la fine dell’VIII e gli inizi del III sec. a.C.), la sepoltura è un unicum per tipologia sepolcrale, rito, ricchezza e varietà dei reperti rinvenuti.

 

WP_000068 Corredo della tomba 5 8

Corredo della tomba 5 di contrada S. Paolino (Cooperativa Serena), sepoltura pertinente a una adolescente. Tra i molti oggetti che dovevano accompagnare la piccola defunta nel suo viaggio ultraterreno, due tipi di imbarcazione prodotti dai ceramisti: quello con scafo particolarmente allungato, talora provvisto a prua di un rudimentale rostro, che verosimilmente prese come modello imbarcazioni da guerra, e quello con scafo panciuto, capiente, che ebbe a modello un particolare tipo di imbarcazione mercantile, comunemente diffuso in Sicilia e in Italia meridionale tra le fine del IV e il III secolo a.C. .

   

Osservando i reperti, non possiamo non pensare ad un mondo tanto lontano, tanto diverso dal nostro, eppure tanto reale e presente con le sue testimonianze archeologiche. Nel complesso di Viale dei Cipressi e all’Antiquarium abbiamo immaginato gente che, usando il materiale a disposizione, si è costruita capanne e focolari, necropoli per i propri morti, contenitori per conservarne il corpo o urne per le ceneri, corredi e porta unguenti per la loro vita ultraterrena. Oggetti provenienti da Lipari (come vasi e ossidiana), dalle zone dell’Etna, da Micene o dall’oriente con il commercio di Egei e Fenici, ci raccontano dell’intensa attività che si svolgeva anche sul tratto di Mediterraneo che si estende dall’odierna Milazzo alle isole eolie, in particolare Lipari, e da Milazzo verso la costa tirrenica nord-orientale e occidentale, nonché verso l’entroterra. Immaginiamo vecchi abitanti e popoli nuovi che arrivano; abitudini che si formano e si trasformano a contatto con nuove genti; ripetute emigrazioni e profughi i quali, sotto la spinta di altri popoli che occupano le loro terre, sono costretti a loro volta a cercarne altre su cui vivere, scontrandosi con gli indigeni, sostituendosi ad essi o anche raggiungendo una convivenza pacifica; commercianti [3] , che portano con sé il corredo delle proprie conoscenze e che trasferiscono da una gente all’altra non solo merci, ma idee, miti, divinità, tecniche, prodotti, coltivazioni. Così, negli anni sin qui esaminati, si sono avvicendati, in questa parte di terra, per abitarvi o per porvi basi commerciali, Sicani, Siculi, Ausoni, Fenici, Greci [4] .

Con gli Ausoni, giunti qui dopo essersi insediati a Lipari, Milazzo conosce la cultura protovillanoviana, come testimonia l’urna cineraria della foto n. 4 (torna su).

Prima dell’arrivo dei popoli d’urne, sia qui, a Milazzo, che a Lipari i morti venivano inumati in posizione fetale, utilizzando contenitori come il pithos della foto n. 3 (torna su).

L’abitudine di arricchire la sepoltura con tutto ciò che si pensava potesse servire al defunto o allietarlo nell’al di là, è tipica dei popoli del bacino del Mediterraneo che ce ne hanno lasciato testimonianza nei reperti rinvenuti nei vari siti. Nella foto n. 7 è possibile vedere uno di quei crateri, in cui si mescolavano vino e acqua, da bere durante i simposi. Prima del pasto, infatti, in un grande vaso chiamato cratere, si mescolavano in quantità più o meno varia, a seconda delle circostanze, vino e acqua. I servi attingevano al cratere con mestoli o con tazze e riempivano le coppe dei convitati [5]  (torna su).

Nella foto n. 8, si vedono due tipi di imbarcazione che dovevano accompagnare una piccola defunta nel suo viaggio ultraterreno (torna su).

La pasta vitrea è un materiale usato originariamente in Oriente, ma, grazie ai Fenici, che con il commercio mettono in relazione Oriente e Occidente, oggetti in pasta vitrea si diffondono nel Mediterraneo, dove spesso sorgono laboratori. Nei laboratori della Sicilia, per esempio, vengono prodotti oggetti e monili che poi saranno venduti sia nei mercati occidentali che in quelli orientali. Nella foto n. 6 è riprodotta un’anforetta in pasta vitrea appartenente ad un corredo per una sepoltura infantile (torna su).

 Il dolio della foto n. 2 è di origine liparota ed è stato rinvenuto all’interno della capanna 1 del sito di viale dei Cipressi; risale all’età del bronzo antico (XVIII – XVI sec. a.C.) ed era usato per conservare derrate alimentari (torna su).

Il vaso della foto n. 1  è un vaso di prestigio proveniente dall’area etnea; esso ci informa sulle relazioni tenute dagli abitanti del nostro villaggio con i popoli vicini, sull’importanza della capanna 1, in cui è stato ritrovato, e sullo scopo cui essa era destinata (torna su).

Nella foto n. 5 vi è l’immagine di una coppa calcidese; essa richiama le reciproche influenze artistiche e culturali dei popoli del Mediterraneo. Gli occhi che vi si vedono raffigurati, infatti, hanno una valenza magica che appartiene originariamente al mondo egizio (deriva forse dall’occhio apotropaico del dio Horos?). Importazione e imitazione di oggetti egizi furono notevoli presso i Fenici e con esse l’assorbimento e il trasferimento ad altri popoli di mentalità e credenze. A questo si aggiunga che i Greci ebbero un ruolo importante nei commerci tra la Fenicia e l’Occidente ed erano stabilmente in contatto con i Fenici nelle basi commerciali sia asiatiche che occidentali [6] . Va inoltre ricordato che Messina fu fondata dai Calcidesi [7] nell’VIII secolo, che la coppa in foto era pertinente ad una sepoltura del VI sec. a. C. e che la formazione della c.d. necropoli meridionale, in cui essa si trovava, va dalla fine dell’VIII agli inizi del III a. C. Dunque, l’occhio apotropaico potrebbe essere arrivato in Sicilia dai Fenici, ma sicuramente anche i Greci contribuirono alla sua diffusione, così come tutta la cultura del Mediterraneo. Il Mediterraneo della preistoria e della protostoria è un pullulare di popoli diversi che portano attività e sviluppo tecnologico; essi solcano il mare costruendosi tecnologie sempre più avanzate e facendo circolare assieme alla merci idee e progresso (torna su).

 

[1]  L. Bernabò Brea, La Sicilia prima dei Greci, 1982, Il Saggiatore, p. 98 – 99

[2] L. Bernabò Brea, La Sicilia prima dei Greci, 1982, Il Saggiatore, p. 115

[3] Cfr. trattazione sui commerci nel corso “Il Mediterraneo” della categoria Mediterraneo.

[4] Nella parte riguardante la Sicilia delle origini, approfondita nei corsi sul Mediterraneo, si tratta più diffusamente di Ciclopi, Lestrigoni, Sicani, Siculi, Ausoni, Fenici, Greci e delle scoperte che avvalorano quanto tramandato da miti e leggende.

[5] Cfr. Storia dell’alimentazione in Un viaggio interculturale: sapori mediterranei, a cura di A. Orlando

[6] Sabatino MOSCATI, Chi furono i Fenici, SEI, 1992, p. 123, 124

[7] Heurgon, Il Mediterraneo occidentale, p. 122  

 

L’uso odierno della ceramica, per esempio, tanto diffusa nel Mediterraneo, risale alla necessità dei primi uomini di costruire utensili. Molte fabbriche di ceramica ancora oggi in Sicilia, accanto alla produzione di soggetti contemporanei, riproducono immagini e recipienti dell’antichità.

 

anforetta Pippo 1                                                                            portavasi Pippo

anforetta Pippo 2

 

Piatto Pippo

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

Gabriella Tigano, Laura Bonfiglio, Gabriella Mangano, Piero Coppolino

 

l'Antiquarium archeologico di Milazzo. Guida all'esposizione.

Messina: Sicania

2011

  L. Bernabò Brea

   La Sicilia prima dei Greci.

 

Il Saggiatore

1982

  Sabatino MOSCATI

   Chi furono i Fenici

SEI

1992

 

brochure

Milazzo – L'antiquarium "Domenico Ryolo" e il sito archeologico di viale dei Cipressi

 

 

 

 

 

RINGRAZIAMENTI

 

Si ringraziano sentitamente per la gentile e importante collaborazione

     

Alessandro Ficarra presidente dell'associazione SiciliAntica Milazzo  

Tanya Pensabene, tesoriere dell'associazione SiciliAntica Milazzo  

Ceramica e dintorni di Antonietta Gerbino http://www.ceramicaedintori.nent  

 

 © Antonina Orlando Aprile 2014

 

             

CULURGIONES

 

foto culurgiones

E' un piatto tipico, originale e unico delle zone dell'Ogliastra e della Barbagia di Seui: culurgiones (o culurgionis, culurxionis, culingionis).
Si tratta di ravioli di forma oblunga a mezzaluna caratterizzati dalla chiusura a spighetta fatta a mano e ripieni di patate lesse, menta, aglio, pecorino fresco, formaggio casevita (detto anche viscidu), il quale è un formaggio sardo in salamoia (in mancanza di questo aumentare la dose di pecorino),olio.

 

Il mio racconto

HO RICAMATO IL SAPORE


Marianna distende con mani delicate e premurose la tela di bisso sul ripiano del tavolo. Passa e ripassa il palmo morbido per sentire la consistenza dell'ordito e della trama intrecciarsi sotto la lieve pressione. Chiude gli occhi, come fa di solito, quando compie questo gesto. Gesto che sa di attenzione e di cura. Gesto che nasce dalla sua sensibilità di giovane donna avvezza alla ricerca del bello.
Fra tutte le ragazze da marito del paese Marianna ha il corredo più ricco.
Corredo fine, corredo raffinato, frutto di un lavoro svolto dall'alba al tramonto per giorni e giorni con dedizione estrema.
Tovaglie, fazzoletti, teli da bagno, lenzuola, federe, centrini, sono nati sotto le mani delicate e forti di questa giovanetta che svolge questo compito come se fosse in suo possesso il gesto ultimo della creazione.
«Ha mani d'oro» dicono di lei le donne.
Marianna non se ne cura, adombra con un fare umile, gli elogi e i complimenti delle comari.
Per lei è pratica normale il ricamo, il macramè, l'uncinetto, il tombolo, il cucito; così come scegliere il tessuto migliore, cercare l'armonia dei colori, infilare spedita ma senza fretta il filo nella stoffa dandogli la giusta pressione e la corretta consistenza, formare nodini che s'intrecciano in delicati pizzi, avvitare frange, forgiare filè.
E così nel ricamo dalle sue mani e dal passare nella stoffa di delicati fili di colore pastello nascono fiori, pavoni, viticci e racemi che vanno a riempire in delicate campiture orli e risvolti, trine e balze.
«E non avete ancora visto il costume. Il corredo è nulla in confronto!» dice l'amica in un soffio lieve alle orecchie delle comari.
Marianna lo sa che nella grande cassapanca intarsiata di legno di castagno si cela il suo vero tesoro. Spesso quando è a casa da sola apre il pesante coperchio e s'incanta a guardare al suo interno.
Qualche volta, ma solo se è sicura di non poter essere disturbata, tira fuori tutto e lo posa sul letto; ed ecco che la bianca silente stanzetta si illumina di un fasto rilucente multicolore e chiassoso. Deve accostare gli scuri Marianna perchè i bassi raggi del sole pomeridiano fanno troppo baluginare l'oro dei ricami.
Non ha lesinato di aureo filo Marianna quando evidenziava i contorni dei racemi e i pistilli all'interno dei fiori della gonna. Tocchi di luce ha infuso nei petali rossi e blu della blusa. E che dire della verzura dorata a punto pieno che prende rilievo nel grande sciallo nero? Si contano le ore di laborioso lavoro in quel tripudio di punti a catenella, a bandera, erba, crociati.
Ore che non sono state tolte ad altre mansioni, o vani trastulli, perchè la vita di queste giovani donne è imperniata sulla costruzione di questi piccoli tasselli che andranno a costituire il mosaico della loro vita futura.
Nel chiuso delle loro stanze silenziose, o delle cucine rumorose, con la luce diretta che penetra dalla finestra, o con quella sghimbescia e tremolante della fiammella dei lumi, preparano frammenti della loro personale e autonoma vita domestica.
Verrà un giorno in cui fra parti recitate e frasi ad effetto ormai consuete anche Marianna esporrà in pubblico il suo corredo sul grande carro bardato a festa come i buoi che lo trascinano e sulle piatte canestre che le amiche porteranno in testa.
Il corredo prenderà la strada che dalla casa paterna conduce alla casa sponsale dove verrà riposto in un altro grande cassone intarsiato di legno di castagno che lo celerà insieme ad una nuova trovata intimità.
«Marianna vieni ad aiutarci a fare i culurgiones?» chiede la madre già circondata dal femmineo parentado.
Sono tutte intente a lavorare la pasta di semola e acqua; deve risultare un impasto morbido, ma tenace ed elastico. Le donne hanno risvoltato i bordi dei grandi fazzoletti sulla testa e rimboccato le maniche delle candide camicie. I polsi si piegano sotto l'impasto, qualcuna prende il matterello e comincia a stendere la pasta in una larga e sottile sfoglia circolare. Le giovinette sono addette al taglio con la tazza. Devono risultare cerchi perfetti e tutti uguali. Alcune di loro prendono l'impasto e lo collocano al centro. Si sprigiona nell'aria un incrocio di profumi diversi che sanno di patata bollita, strutto, formaggio fresco, aglio e menta. I sentori diversi si uniscono insieme e sanno di ripieno e di pienezza.
Marianna con il dito prende un po' dell'impasto, l'annusa e chiudendo gli occhi lo porta alla bocca.
«Marianna che fai?» le chiede guardinga l'amica.
Sorride la ragazza colta in fallo, ma non può proprio resistere alla bontà che si sprigiona da esso.
Che cose buone ha fatto il Signore, pensa.
E come siamo state brave noi donne a metterle insieme custodendole dentro questo involucro che ne conserva ed esalta profumo e sapore, aggiunge.
Nel frattempo le donne piegano i cerchi in tante mezzelune e con una forchetta ripassano il contorno per sigillarne l'interno come in una valva.
«Chiudete bene altrimenti si aprono durante la bollitura» dice l'anziana più esperta.
Lo dice sempre ogni volta che si fanno i culurgiones, ormai fa parte del rituale.
Marianna è nel gruppo delle giovani che devono saldare la mezzaluna. Osserva la pasta molle che ricopre il morbido impasto al suo interno. Soppesa la forma come fosse stoffa di lino, ne segue il contorno e il rigonfiamento. Lo prende in mano invece di lasciarlo disteso sul tavolo.
«Marianna che fai?» le chiede l'amica preoccupata.
Non si può uscire dagli schemi di una tradizione consolidata. Fuori da ogni logica di potere culinario femminile le dice uno spirito interno.
Marianna fa spallucce a se stessa e alla voce interiore e continua a soppesare fra la mano sinistra e le dita della mano destra quello spicchio di luna crescente che profuma di cucina famigliare.
Le dita di Marianna si muovono come mosse da una forza innata, la stessa che le fa spostare con grazia l'ago nei fili del ricamo.
Pizzicano le dita destra sinistra destra sinistra, la pasta si chiude lentamente. La pasta si chiude celermente a spighetta. Non ci pensa che un attimo, il finale è un pippiolino come di macramè.
«Zitta non dirlo» intima all'amica.
Prende un tovagliolo e cela all'interno il culurgiones segreto.
Solo più tardi Marianna segue la cottura dell'ultima portata. Gli uomini stanno già seduti da tempo al desco aspettando un'altra porzione. Il sugo di pomodoro e basilico colora di rosso il candore della pasta ripiena. Cucchiaiate di pecorino grattugiato spargono nell'aria un odore più forte e rustico.
Marianna immerge il suo ricamo e lo vede affondare nell'acqua che ribolle ormai sporca di patate che hanno cercato un varco fra la sigillatura. Aspetta con ansia che risalga. Fin quando ballando e sbandando sospinto dalle bolle riemerge. Lo scola Marianna, lo guarda, soppesa la chiusura come farebbe con un merletto dopo il lavaggio. Ha retto. Lo avvicina alla bocca, la spighetta crea una consistenza di pasta più dura, la cimasa un punto croccante. L'impasto all'interno è perfetto, morbido, profumato.
«Divino sapore» pensa Marianna mentre l'amica guardandola di sottecchi ammicca.


© Pia Deidda 2010

Per la ricetta vedi
giallozafferano.it/panegianduia/culurgiones-di-patate-e-formaggio